Hanno un bell’indignarsi i giornalisti per le offese del governatore Vincenzo De Luca, che li definisce “peracottari” e “relitti umani”, invitando a comprare “una zeppola, un babà, una pastiera” invece dei giornali (invito peraltro formulato ad un forum sul diabete). Sono rimasti solo gli esponenti del (fu) “quarto potere” a strepitare per il (fu) “cane da guardia della democrazia”.
De Luca, furbo e demagogo, sa di trovare praterie di consensi: la stima nei media è ai minimi storici, come attesta l’ultimo “Barometro della fiducia” della Edelman, società di consulenza specializzata nelle indagini sul credito delle istituzioni. La fiducia nei media risulta scarsa nell’82% delle nazioni esaminate, e in 17 paesi – Italia compresa – è al livello più basso di sempre.

De Luca infierisce e sa di poterselo permettere, perché la gente non compra i giornali cartacei e si aggiorna con un pretenzioso “fai da te”, selezionando notizie tra tv e web. Secondo l’Accertamento diffusione stampa – società che certifica i dati di vendita per conto degli editori italiani – in dieci anni si è dimezzato il numero di copie vendute dai quotidiani.
E allora la stampa dovrebbe farsi un bell’esame di coscienza e domandarsi il perché di una caduta verticale. Azzardiamo: ragioni storico-culturali, con l’assenza di editori “puri”, ossia dediti esclusivamente all’editoria; massmedia nelle mani di imprenditori con “le mani in pasta” in tanti settori pubblici, titolari di conflitti di interesse e fatalmente proni alla politica; testate pavide verso il potere e i loro editori con esso ammanigliati.
E sì che in Italia ci sarebbe un tremendo bisogno di una stampa indipendente, per puntellare la democrazia sempre un po’ gracile ed esposta a compromessi e verità inconfessabili. Troppo peso sulle spalle di un comparto galoppante verso la precarizzazione delle nuove leve, ormai. E poi, come recita Sasà, il caporedattore di Giancarlo Siani nel film Fortapàsc, “Giancà, ‘e notizie so’ rotture ‘e c…”.