Salvatore Fergola a Palazzo Zevallos

Salvatore Fergola (Napoli, 1799-1874), pittore nato nell’anno della Repubblica, ebbe in destino invece di essere l’ultimo pittore della corte borbonica. Un vantaggio incredibile, trovandosi al centro di svolgimenti storici epocali e potendo documentare sia i fasti sia il declino del Regno, passando per i diversi temi pittorici percorribili, e visitando al contempo, tra le molte località, Madrid e Parigi.

Come ogni pittore “di corte”, l’Unità italiana ha esatto il suo accantonamento, e, mentre cadevano gli inveterati stati preunitari, si destituivano e scordavano anche le rispettive immense provenienze culturali. Grazie all’impegno dei curatori Fernando Mazzocca, Luisa Martorelli e Antonio Ernesto Denunzio, le Gallerie d’Italia (Fondazione San Paolo) ospitano a Palazzo Zevallos la prima mostra monografica dedicata al pittore, per risarcirne la memoria.

Dopo Tanzio da Varallo, ancora una volta le Gallerie espongono autori grandi e ancora troppo poco conosciuti, in un progetto che mette insieme ampi picchi di ricerca e godibilissima divulgazione, per il pubblico più ampio. Ma chi era Fergola? Può essere definito come un giornalista della pittura. La sua maniera è spedita, documentariale, essenziale, di chi sente la rivalità con la nascente fotografia ma è figlio della tradizione dei pennelli.

Non è un caso che la mostra ne confronti l’opera con quella di anonimi (per ora) maestri a lui vicini, come nel dipinto dell’ “Incendio del Teatro San Carlo”, del 1818. L’esposizione, divisa in otto settori tematici, pone un particolare accento sul rapporto privilegiato del pittore con la tecnologia, con dipinti come quello dell’ “Inaugurazione della tratta ferroviaria Napoli-Caserta”, del 1845, e altri ritraenti le altre stazioni in costruzione nell’area vesuviana.

I record tecnologici sono anche nella marineria, con il dipinto dell’ “Inaugurazione del ‘Vesuvio’ da Castellammare” e “Il Real Ferdinando in navigazione”, ma non può dirsi per questo che siano opere celebrative di un cortigiano Fergola. Questi infatti testimoniò con lucidità anche il dramma, con dipinti come “Lo scoppio della Carlo III in mare”, del 1857. Ampio spazio è dedicato anche alla sua attività da paesaggista, con soggetti storici sì, ma intrisi di un lirismo paesistico e di un cromatismo romantico che ha in sé la Scuola di Posillipo.

A metà tra il sociale e il panoramico è “Il real palazzo di Caserta da San Leucio”, dove Fergola compone la sua migliore elaborazione: le architetture regie sono immerse in uno sconfinato paesaggio della Terra di Lavoro, e solo “apparentemente” a lato stanno un grappolo di figuranti della colonia di San Leucio, in realtà centralissimi, perché “privilegiati” da uno stile di vita e lavorativo senza pari nel Regno, fiore all’occhiello delle riforme sociali di Ferdinando I.

Quell’opera sembra dire: “guardate l’immagine del Regno, tra campagne, palazzi reali e un popolo felice e rustico, che è il protagonista.” Sottile gioco di retorica esemplarmente riuscito, con tinteggi di favola bucolica. La versatilità di Fergola è notevolissima, e ben fatta intendere nella mostra. Ma è il versante paesistico il suo apice, con una resa adamantina, intensa, e formalmente semplice.

Spiccano al secondo piano i quadroni realizzati per “Il torneo di Caserta”, sorta di giostra revival medievale voluto dalla Corona circa a metà Ottocento, dove il pittore mette insieme la composizione generale di prospettiva architettonica, paesaggio, azione, ma con la minuzia di lasciar identificare diversi tra i partecipanti alla giostra, così come caratterizzare molti tra i semplici spettatori.

A fianco a questi dipinti, meno roboanti ma intensi e delicatamente intimi sono i notturni, temi di marine che il pittore ambienta principalmente a Capri, dov’è contemplata anche la potenza devastante della natura, come in “Un sifone nel golfo di Procida” (benché ambientato di giorno). Infine i temi biblici. Seguendo la tradizione barocca, Fergola realizza piccole storie sacre che fanno solo da sfondo a enormi paesaggi predominanti, che sanno ancora di Seicento romano, da Salvator Rosa a Nicolas Poussin, come ne “I sacrifici di Caino e Abele”, del 1849-51.

Sebbene abbia rappresentato “lo splendore di un Regno”, sarebbe ora d’iscriverlo di diritto nei manuali di arte, e soprattutto negli occhi e nel cuore degli europei. Questa, pare essere l’idea di fondo della mostra.

“Fergola. Lo splendore di un Regno”

Palazzo Zevallos, Via Toledo 185.

Dal 3 dicembre al 2 aprile 2017

Info: http://www.gallerieditalia.com/

Tel: 800.454229

Fotografie per gentile concessione di Intesa San Paolo

Si ringraziano Ciro Birra e Silvana Scannicchio

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