Lungo via Tribunali, di fronte alla chiesa di Sant’Angelo a Segno e a vicolo San Paolo, quattro portici in piperno nascondono un portale ogivale sul quale spiccano i gigli angioini.
Questo è quanto resta del più antico palazzo napoletano, Palazzo d’Angiò. Inizialmente l’edificio era diviso in due distinti fabbricati appartenuti rispettivamente a Tommaso de Porta e al cancelliere del Regno Ade de Dussiaco.
Si vuole che quando l’ebbe in dono, nel 1295, Filippo di Valois detto l’Imperatore, fratello di Roberto d’Angiò (1278-1343) e figlio di Carlo II lo Zoppo (1248-1309), li fece unire adattandoli a unica abitazione, dimorandovi fino al 1302, in attesa che fosse completato il palazzo che il padre gli aveva destinato nei pressi di Castelnuovo.
Filippo aveva sposato una delle figlie di re Manfredi di Svevia: quella Ithamar che tentò di farlo uccidere dall’amante Bartolomeo Siginulfo conte di Caserta e Gran Camerario di Corte. Fallito il complotto, Filippo ripudiò la moglie e inviò in esilio il conte. Non trascorsero molti anni che Ithamar morì misteriosamente e Filippo sposò in seconde nozze la nipote di Baldovino II imperatore di Costantinopoli: la ricchissima Caterina di Valois. Da questo matrimonio acquisì il titolo di imperatore.
Il palazzo fu poi ereditato da Luigi, figlio di Filippo e Caterina, e successivamente divenne proprietà della famiglia Cicinelli dei principi di Tursi che lo fecero ristrutturare con aggiunte di piani con finestre e balconi in stile barocco che appesantirono talmente la struttura da rendere necessari archi di sostegno per rinforzare il porticato.
Questo confina con quello detto Antonianus, in quanto facente parte dell’edificio che vide l’istituzione dell’Accademia, presieduta inizialmente da Antonio Beccadelli (da cui prese il nome) e successivamente affidata alla direzione di Gioviano Pontano.