Abat-jour, una mostra di Vittoria Piscitelli

locandina mostra
locandina mostra

L’abat-jour è la lampada per eccellenza dell’interno borghese. Letteralmente significa “smorza-luce”, ed effettivamente la sua è un’illuminazione confidenziale e opaca, che proietta ombre lunghe, nascondendo ampi brani di realtà, e mettendo il mostra solo ciò che vuole, e comunque tenuamente.

In questo nome, Vittoria Piscitelli ha dato corpo alla sua nuovissima personale dedicata alla famiglia. L’artista, classe ‘89, pittrice laureata all’Accademia di Napoli e ruggente promessa (mantenuta) dell’attualità figurativa napoletana, costruisce un’interpretazione non denunciata e paragrafata, mai rivelata con la cadenza di un saggio, ma con una sfaccettatura d’intenzioni figurative che mettono in piedi un quadro concettuale e narrativo coerente ed efficace.

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L’esposizione è ospitata alla Galleria Arti Decorative, a Chiaia, specificamente indirizzata ai contributi dei più rilevanti artisti napoletani, cui dedica poche e assai selezionate esposizioni all’anno. Entrando, sulla sinistra figura un tavolo imbandito dalle mani di una nonna, qualche decennio prima, con i segni del tempo: posate d’argento arrugginite, suppellettile sfatta, ed al centro un sacro cuore d’argento — di forte impatto — mezzo sfatto, affossato nei frammenti del piatto da portata principale.

Presi per mano da un senso d’affanno, si comprende da subito qual è lo spirito investigativo del progetto abat-jour.

Tutt’attorno, infatti, vige un’atmosfera familiare calda ma volutamente affettata.

installazione

Tutto è garbatamente organizzato per essere occlusivo. Il tavolo col sacro cuore rotto, a segno forse di un’epoca in cui l’insoddisfazione inespressa diveniva nevrosi compressa, salvata da apparenze di maniera.

Vittoria Piscitelli ricostruisce la realtà con oggetti riciclati, fotografie, collage, ritratti di singoli individui e di famiglia, che rimescola figurativamente e allega ad una didascalia che rifunzionalizza il supporto in un’intenzione comunicativa, per esprimere correntemente una speranza disillusa, un’aspettativa disattesa, un’ambizione incompiuta.

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Globalmente, la Piscitelli trae le somme di una sensibilità d’epoca in cui, questi slanci di vita, sono quelli protocollari del tempo, versati ad imbuto nella coscienza prenatale, forse nemmeno mai scelti. In mezzo a loro sembra riaffiorare il monologo di Alfredo in presenza di Maria, sua amante e moglie di Pasquale, in “Questi fantasmi” di Eduardo De Filippo. Lì vigeva un’analisi schietta del peccato come paralisi antropologica, dell’onorabilità, della rispettabilità agli occhi degli estranei, del “contratto” che ci tiene legati alla famiglia, a fronte della possibilità di barattare questi titoli con la libertà delle proprie scelte.

Abat-jour, come quel monologo, scorre nell’amara consapevolezza di perdere fino all’ultima traccia della propria identità dinanzi al mondo, se ci si azzarda a scegliere le verità dell’animo.

piatto decorato

La galleria è di composte immagini inquietanti, nel senso etimologico, ossia fatte per allontanare la quiete. E la pittrice istiga alla riflessione coatta sulle ipocrisie familiari. Si serve sì di modelli estetici che appartengono ormai alla storia, ma quell’apparenza è solo un distacco momentaneo; sono pur sempre volti dei nostri genitori, provenienti da un passato nient’affatto lontano, che ha cambiato alla presente generazione solo gli abiti di un medesimo equivoco di fondo: l’inconciliabilità delle idee di “puro”, “certo”, “costante”, nel modello della famiglia. Diverse anche le citazioni colte, latenti ma non tropo: da Raffaello alla tavola Strozzi etc. L’ordine espositivo non ha, e non può averne, uno cronologico, essendo questa un’esposizione ordinata in modo tematico, dove ogni pezzo si commette in una compresenza sincronica; figurando piuttosto nelle idee di serie di opere, godibili massimamente come insieme che come singoli pezzi. La chiave di abat-jour è forse proprio il voler esprimere un senso d’inquietudine morale, nella sua proposizione che spiega ma non risolve. Tocca allo spettatore ritrovarsi in quei volti e sondarsi la coscienza.

collage

Galleria Arti Decorative, Vicoletto Ischitella 8, dal 18/4 al 2/5/2015

Photo © Andrea Gerardo Silvestri

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