Alfonso Tramontano: il primo invito è a non aver paura o vergogna di aver paura

Il Coronavirus ha portato con sé la Grande Paura. Paura di essere contagiati. Paura di un futuro che non è più certo. Paura di un tempo fermo. Il Dottor Alfonso Tramontano, psichiatra, psicoterapeuta, dirigente ASL Caserta, SPDC Sessa Aurunca, ci dà qualche consiglio di gestione per provare a stare meglio. Riceviamo e pubblichiamo un suo scritto.

Gli psichiatri si impegnano a curare le fobie, ma non possono e, credo, non devono soffocare la paura.

La fobia è una paura irragionevole ed immotivata collegata, generalmente, a circostanze o elementi che non hanno in sé nulla di realmente pericoloso, la paura, all’opposto, è la risposta fisiologica ed adeguata ad un pericolo.

Se le fobie possono, velocemente, trasformarsi in limiti e blocchi ben peggiori di quelli a cui ci stiamo adattando in questi giorni, la paura ha un effetto anticipatorio e protettivo che tutela ciascuno di noi da concrete minacce.

Questo Virus, lo abbiamo capito, è un concreto pericolo e come tale va gestito.

Lo sta facendo, per noi, oltre all’OMS ed ai governi, un’incredibile filiera di persone più o meno comuni, che negli ospedali, nelle fabbriche, nei servizi essenziali, nei controlli in strada e sul territorio, costruisce una sorta di sovrastruttura ogni giorno più rigida ma, per questo, più resistente, sotto la quale potremo sentirci sempre più al sicuro.

Ma la gestione del rischio non può essere interamente demandata agli altri.

Ognuno di noi, come parte di sistemi sempre più complessi (una coppia, una famiglia, un gruppo, una città, una nazione e così via), è stato costretto a modificare/rallentare i contatti con l’esterno, ma in quanto individuo, può e deve modificare/intensificare quelli con se stesso.

Quindi, ammettere e, se necessario, perdonarsi di aver paura, evitando un’incosciente sfida frontale al pericolo.

Per gestire la paura devo, però, poter contare su un livello di conoscenza adeguata del pericolo e mettere, poi, in pratica comportamenti congrui alle circostanze.

Se conosco il fuoco riesco ad usarlo o evitarlo, a seconda dei casi, riducendo la possibilità di restarne bruciato.

Se conosco il Virus, le modalità con cui si diffonde, resiste e muore, posso mettere in atto quanto imparato in questi velocissimi giorni (lavaggio mani, distanza di sicurezza, distanziamento sociale, etc.), riducendo al minimo la possibilità di entrarci in contatto.

È anche vero, però, che come non posso escludere, in modo assoluto, di trovarmi coinvolto in un incendio nel corso della mia vita, allo stesso modo non posso essere, categoricamente, certo di non venire a contatto con il Virus, per quante precauzioni abbia preso.

È in circostanze eccezionali, come questa, che dovremmo imparare, paradossalmente, ad abbassare la guardia.

Che non è, affatto, attenzione, il contrario di quanto detto finora e raccomandatoci da ogni autorità competente, ma è l’invito ad un ammorbidimento interiore che possa fare da contraltare alla durezza imposta dal momento.

Se dovessi suggerire una strategia per la quotidianità, non direi “basta ansie e paura”, perché queste sono indice di un’emotività congrua al contesto e non conosco un interruttore che ne arresti il flusso, piuttosto troverei opportuno rinunciare al sogno dell’ipercontrollo.

Il mondo, le circostanze, gli affetti, le amicizie possono essere improvvisamente e dolorosamente mutevoli, ma, nell’ordinarietà di tempi comuni, abbiamo la sensazione/convinzione che la tessitura del contesto in cui ci muoviamo è garantita, solida ed immodificabile.

Se, poi, per indole ed abitudini stratificate, ho una propensione a tenere, ostinatamente, in ordine e sotto controllo i tasselli della mia vita, rischio notevoli livelli di disagio quotidiano, sono incline al senso di colpa per non essere stato capace di prevedere e/o evitare e resto, ulteriormente, impreparato quando gli eventi si impongono.

Quindi, se per una circostanza eccezionale devo essere allertato, evitante e rinunciante nella relazione con chi è altro e fuori da me, con me stesso potrei provare ad essere più rilassato, invitante e propositivo.

In un momento in cui i contagi, il rallentamento produttivo ed il crollo dei mercati finanziari danno la certezza di una netta flessione del PIL mondiale, suggerirei di investire nella crescita di un nostro, individualissimo, PIL.

Un Progetto Interno Ludico in cui lasciar confluire le potenzialità inespresse, i desideri in costruzione e le opportunità che verranno, perché anche questo Virus avrà un suo ciclo (comparsa-diffusione-immunizzazione) ed allora la sua capacità di far danno non sarà misurata da un’infezione polmonare, ma da quanto gli avremo permesso di insidiare la nostra voglia di futuro.

Quindi se dobbiamo essere inflessibili nel rispetto delle regole che ci sono state imposte per un tempo imprecisato, ma, certamente, irrisorio rispetto al percorso di una vita, possiamo imparare ad essere flessibili con noi stessi, allentando le regole ferree che da una vita, più o meno inconsapevolmente, da soli ci siamo dati.

 

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