Ambiente solidale: economia fa rima con ecologia e passa per la solidarietà

lavorazione tessuti
lavorazione tessuti

Ogni anno gli abitanti della Regione Campania si disfano di diverse migliaia di abiti usati. Una vera propria montagna di stoffa colorata, fatta di gonne, cappotti, giacche passate di taglia o di moda, la metà della quale finisce ancora oggi, con gli altri rifiuti, nelle discariche e negli inceneritori.

Dal 2007 la cooperativa sociale “Ambiente Solidale”, dà agli indumenti usati una seconda vita, e non solo a loro. Eh sì, perché per ri-animare i nostri abiti dismessi la cooperativa ha assunto persone svantaggiate con alle spalle problemi di dipendenza patologica, detenzione o “semplicemente” di disoccupazione di lunga durata, insomma, quelli cui nessuno darebbe una seconda chance. “A un certo punto ci rendemmo conto – spiega Antonio Capece, consigliere di amministrazione dell’impresa – che le nostre attività socio-assistenziali verso le persone in difficoltà non bastavano. Era necessario creare opportunità lavorative, solo così potevano riabilitarsi veramente”.

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L’impresa, con sede nella periferia orientale di Napoli, è nata nel 2006 grazie alla collaborazione tra una cooperativa sociale di tipo A presente da anni nel territorio della provincia partenopea, e la cooperativa sociale “Vesti Solidale” di Milano operante nel settore del riciclo. Lo scorso mese ha inaugurato il centro di stoccaggio. “Ambiente Solidale – spiega il suo presidente Aniello Iacomino – opera nel settore della raccolta e del trasporto di rifiuti speciali, “pericolosi” e “non pericolosi”.  “In particolare – continua – offre servizi nell’ambito della raccolta di materiale hi-tech (computer, monitor, dispositivi informatici), materiali esausti di stampa (cartucce ink-jet, laser, toner, ecc), materiali tessili (abiti usati) e vecchi arredi.  Inoltre si occupa del trasporto di generi alimentari per conto dell’Associazione CAIR (comitato di assistenza agli istituti religiosi), ad associazioni ed istituti benefici che assistono persone in difficoltà difficoltà socio-economiche”. Sono loro che danno in comodato d’uso gratuito ai comuni che ne fanno richiesta i famosi cassonetti grigi e blu, quelli che tornano molto utili nel momento del cosiddetto “cambio di stagione”. “Attualmente gestiamo circa 400 contenitori e ci apprestiamo a piazzarne altri 100 – continua Aniello –. Che fine fanno i nostri abiti una volta ingoiati dall’enorme rettangolo di alluminio grigio e blu? Molti se lo saranno chiesto. Gli operatori raccolgono il materiale e lo portano in un sito, autorizzato dalla Provincia di Napoli, per poi selezionarlo in base alla qualità. La prima scelta, parliamo del riutilizzabile, è venduta sul mercato dell’usato mentre la seconda scelta è destinata ad un mercato più povero, quello africano o dell’Europa dell’est. Poi c’è un materiale inutilizzabile che è avviato o al recupero o all’industria come pezzame”.

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In questo modo i comuni ottengono un risparmio dovuto non solo alla gratuità dei cassonetti, ma anche e soprattutto al fatto che non devono sostenere i costi per portare gli abiti in discarica. Solo lo scorso anno ne sono stati raccolti circa 2mila tonnellate di cui circa il 90% viene recuperato. Allo stato attuale sono 23 le persone assunte per lo smaltimento dei rifiuti, e particolarmente significativo è l’impiego di quelli che difficilmente troverebbero lavoro, soprattutto in questo periodo di crisi.

Per loro, così come per gli indumenti di cui si occupano, questa è davvero una seconda vita. “Sono arrivato qui – spiega Alessandro, 35 anni e padre di due figli – perché ero in comunità per curarmi dalla tossicodipendenza. Giampiero (uno dei soci della cooperativa, ndr), che si occupava delle borse lavoro mi parlava sempre di Ambiente Solidale. La voglia di cominciare era tanta”. “Non nascondo – sorride – che all’inizio ho avuto delle difficoltà. Sono stato sempre un “perfettino” e l’idea di mettere le mani nella spazzatura, dove trovi di tutto, non era facile da accettare. Poi mi sono abituato. Questo è un lavoro, e mi offre la possibilità di crescere i miei figli”.

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Nel 2012 la cooperativa ha realizzato un fatturato di circa 600.000 euro, triplicando il risultato del 2011. Dall’incremento ha tratto un utile di 84.000 euro di cui più di 30mila euro sono stati destinati per il finanziamento di progetti sociali a favore del territorio. Un modo diverso di fare impresa, che traduce i buoni propositi, di cui molti imprenditori si riempiono la bocca, in azioni concrete di crescita del territorio, solidarietà e attenzione all’ambiente. “Invece di fare il volontariato – conclude Antonio Capece – ci siamo detti: facciamo un’impresa che possa esprimere il concetto di economia solidale. Soprattutto dimostriamo che la solidarietà e l’economia possono andare a braccetto”. Adesso, ogniqualvolta butteremo un abito nel salvifico cassonetto bicolore, sapremo che dietro quell’alluminio c’è molto, ma molto di più. C’è il rispetto dell’ambiente e una seconda vita delle cose. Soprattutto la seconda vita delle persone.

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