Antonino Cannavacciuolo: “Sono verace e così tutto è più buono”

cannavacciuolo
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Lo chef che porta in tavola i sapori delle stagioni torna nella sua Campania, e cucina in riva al mare.

Ogni volta che guarda fuori dalla finestra c’è il Lago D’Orta. Ma il ‘verace’ Antonino Cannavacciuolo chef di Villa Crespi non resiste senza il suo mare. E si concede quello migliore. Quello che bagna la penisola sorrentina, ospita Capri e che a Castellammare, dalla terrazza dello yachting club del porto turistico Marina di Stabia, arriva sul volto insieme al vento.

costa campana

Chef l’acqua è l’ingrediente primario, Stabia ne è ricchissima con 28 sorgenti…

Non solo, l’acqua è vita. Quando si ammirano le grandi masse d’acqua si sogna, si vede l’infinito. E si cercano immagini perché nell’immaginazione si nascondono nuove sfide.

E la sua sfida è la perfezione?

Io cerco ancora la perfezione, è questa ricerca continua che mi fa migliorare sempre più ogni giorno. E per arrivare alla perfezione occorre sacrificio. La disciplina è importantissima in cucina.

cannavacciuolo

Che significa sacrificio per uno chef?

E’ un qualcosa che va oltre la forza fisica. Sono in piedi dalle 8 di mattina fino alle 4 del mattino successivo. Si fanno sforzi importanti, ma l’ energia positiva arriva delle persone che vengono da me, i miei clienti sono le mie pile, mi ricaricano. C’è con loro uno scambio di energia. Anche quando partecipo a convegni e altre iniziative, vedo sempre una platea di gente che mi ascolta che è dedicata a me, che sta li per me e nessuno di loro è distratto, anzi prestano molto interesse a quello che dico.

Entriamo in cucina… com’è lo chef Cannavacciuolo?

Verace… così è più buono, genuino. E quando vedo che tutto riga dritto sono buono.

Nelle sue ricette c’è una sintesi del Nord e del Sud, insomma una cucina tradizionale italiana?

Io non vedo la tradizione come il singolo piatto ma la vedo nei rituali, nei movimenti che girano attorno alla tradizione come la nonna che va di fretta per conquistare il pezzo di carne per fare il ragù, la carne che sceglie personalmente dal contadino che aveva ammazzato la bestia paesana. Ai tempi di mia nonna si faceva la corsa per accaparrarsi il pezzo migliore, oggi invece spesso si acquistano le materie prime dove capita. La tradizione è la ricerca del prodotto quello che è l’ingrediente principale. E’ questa la mia cucina, dall’aglio singolo al sale e all’olio, scelgo sempre il migliore così come faceva la nonna. Soprattutto l’olio che è l’oro della mia cucina, ogni anno va assaggiato, non c’è mai lo stesso olio e sono tutti diversi in base all’anno e alla regione.

Lei predilige ingredienti campani. Ha avuto difficoltà con questi prodotti dopo la questione ‘Terra dei fuochi’?

La gente si fida di me e sa benissimo la provenienza e l’origine dei prodotti che scelgo, cerco di cogliere e portare in tavola sempre quello che conosco meglio ed essendo di Vico Equense prediligo prodotti dei paesi limitrofi come la pasta di Gragnano, i borlotti del posto, i prodotti bianchi di Paestum. Certamente quelli intorno alla Terra dei fuochi sono episodi che non fanno piacere. Il problema c’è e si dovrebbe attivare subito una pulizia profonda. Un qualcosa che consentirebbe alle persone che vivono qui di rivedere presto la propria terra sana, bisogna iniziare adesso, 20 anni volano. Sembrano ieri, quindi è necessario iniziare una bonifica. Ma la Campania non è solo la Terra dei fuochi, e questo dobbiamo ricordarlo ogni momento. Il dito puntato su una piccola regione significa puntarselo addosso e così all’estero si rischia di dire che la Terra dei fuochi è tutta l’Italia. Ricordo che quando ci fu lo scandalo dell’immondizia a Napoli ero a Dubay. Per il resto del mondo non era Napoli, ma tutta l’Italia.

pasta di gragnano

Ritorniamo in cucina, anzi a tavola, nei suoi piatti c’è anche il suo estro…

Un piatto è uguale all’arte e l’arte è uguale alla pittura. L’artista guarda fuori i panorami e li riproduce e così un cuoco nei suoi piatti deve riprodurre il colore dei mesi che ci sono fuori. Per questo punto molto sulla stagionalità e di conseguenza i colori di quel periodo. A primavera predominano il verde, il giallo ed il viola mentre in autunno con le castagne i cachi nei piatti ci sono i toni ambrati e quindi colori che si scuriscono lentamente. Occorre una continuità tra dentro e fuori.

Se Antonino Cannavacciolo fosse un sapore…

Fine e delicato, anche se con la barba e la grandezza non sembro, sono elegante e ho una grande sensibilità.

Se fosse una pietanza…

A me piace avvertire delicatezza al palato, un qualcosa che fa sentire tutti i sapori, non mi vedo in un prodotto forte e arrogante, quindi pensando al mare, giocherei con accostamenti nel piatto, ricreando appunto sabbia mare onde e scogli. Io gioco con i piatti e la gente si diverte a mangiare.

Se le dico caffè…

Penso al risveglio delle affinità e dei ricordi. L’odore della mattina che si diffonde in casa e il fischietto della macchinetta quando il caffè è pronto. Sono tatuaggi sulla pelle, ricordi che non si possono cancellare, ho un grande rapporto con mia moglie, lei è piemontese e malgrado le diverse abitudini non mi ha mai fatto mancare il caffè la mattina, per me qualcuno che ti porta il caffè la mattina non ha prezzo.

caffé a letto

Arrivederci chef…

Addios

 

 

Lo chef due stelle ora in tv con la seconda serie di ‘Cucine da Incubo’ è ogni mercoledì su Foxlife.

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