Il merito, l’attenzione, sono tutti ascrivibili all’Associazione Art 1307 (Napoli, Italia), che da molti anni promuove scambi culturali con artisti di tutto il mondo. Creata da Cynthia e Renato Penna, si è impegnata con centri stranieri per offrire agli artisti e al pubblico una panoramica più vasta e diversificata dell’arte contemporanea.
Dunque non nuova a questi contatti, la Galleria di Napoli ha stabilito una partnership con il Centro d’arte californiano, a Los Angeles, L.A. Artcore, della giapponese Lydia Takeshita. È, infatti, la terza volta che si rinnova questa collaborazione: ciò mette in evidenza la vocazione internazionalistica di Artcore – ma anche di Art 1307 – finalizzata non soltanto all’incontro internazionale tout court ma, soprattutto, sotteso, allo scambio di esperienze, di studi, di cultura, di differenti background.
Dal 3 al 28 settembre, dunque, al 120 Judge John Aiso St. di Los Angeles, si “parla” italiano e si fa arte italiana, con particolare attenzione alla vocazione innovativa dei quattro artisti, diversi per età, provenienza, tipo di ricerca.
Due i napoletani, Carla Viparelli e Amedeo Sanzone.
Carla Viparelli, variegata eco del sud, attiva oggi tra Napoli e Maratea, dopo lunghi soggiorni all’estero e a Vulcano e mostre in tutto il mondo, sin dalle prime esperienze artistiche, porta ancestrale cultura familiare e i suoi studi di filosofia, nella varietà straordinaria della sua arte. Dalla pittura tradizionale (pastello e olio) alla concettuale senza intimismi, alla scultura; dalle animazioni (“A-steroid” e “Unicord”) all’illustrazione onirica e surreale di libri; dalle tecnologie digitali alle commistioni di stili. Collante, la sua corrosiva ironia, persino autoironia, ricordando, volendo, anche i “ritrattisti” dell’800, tipo Daumier. Qualcuno ha scritto di lei che “cita la lezione dei grandi folli del Novecento”. Non siamo critici d’arte o storici dell’arte ma, con l’attenzione posta ad ogni passo del nostro cammino, concordiamo. Quasi, in un’epoca in cui tutti o molti hanno timore dell’altro da sé, Viparelli ci tenga per mano per indurci a non prenderci troppo sul serio.
Amedeo Sanzone, dopo l’Istituto d’Arte e l’Accademia, consegue anch’esso la laurea in filosofia. Profondamente dedito allo scavo di sé e della difficile, ma composita e meravigliosa città in cui è nato, Napoli, cresce a Scampia, ne fa tesoro e cerca, costantemente, l’equilibrio. Che, in realtà, nasconde una forte tensione mistica e la fragilità di un’armonia che può perdersi in qualsiasi momento. Magma di affettività, l’arco gotico è, per lui, sorta di anelito spirituale.
Due sono gli artisti di provenienza milanese o di “scuola”, Nicola Felice Torcoli e Maria Grazia Zanmarchi.
Il giovane Torcoli, 1980, costruisce la sua arte attorno a tre concetti, quello di Karl Popper ( “tutti gli orologi sono nuvole” ); la simultaneità; la deframmentazione. Nel linguaggio informatico tutto ciò si può definire “defrag”. Per compattare i vuoti nell’attualità dell’arte contemporanea, preservandone il frammento che diventa ricchezza e pone le basi per riorganizzare l’idea.
Tutto, in Torcoli, diventa presupposto di costruzioni o di assemblaggi polimaterici. Postmodernista, figlio della cultura pop e della transavanguardia, l’artista proviene dalla formazione accademica tradizionale, pur legato al valore della manualità. Homo faber, onnivoro d’immagini, inesauribile ricercatore di “seduzioni” visive e tattili.
Maria Grazia Zanmarchi condivide di sé ciò che ha scritto, per una sua recente mostra, lo scultore Francesco Ceriani, “lavoro stracci, brandelli di tessuti antichi o vecchi, filati, veli, tende logore che hanno filtrato la luce del sole e sono state filtro per guardare la strada ed il cielo. Anche tessuti elastici sopra pannelli, tele o nude cornici di legno. Scopro trama e ordito per aprirmi un varco obbligando la materia che ho tra le mani ad aprirsi e a spezzarsi. Rammendo questi frammenti di vita lavorando nello stesso tempo i miei pensieri nel tentativo, forse inutile, di comprenderli. Emergenza nel senso letterale di necessità che non può aspettare, desiderio irresistibile di mettere in ordine e fissare un’immagine metaforica che altrimenti può sfuggire, confondersi, scomparire”.