Donne, auguri! Protagoniste di detti e poesie napoletane

Donne
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Le donne raccontate nella lingua napoletana e nelle opere in cui appaiono come assolute protagoniste.

Musica, poesia, cinema… non c’è arte conosciuta che non abbia tentato di mostrare, descrivere e svelare le donne coi loro tratti comuni e le loro storie. Ma anche l’idioma comune della nostra terra, la lingua napoletana, si è spesso intessuta di sfiziosi e colorati detti che hanno giocato con l’immaginario collettivo della donna giocosa, impulsiva, testarda e romantica. Non fanno eccezione le opere in lingua napoletana, portate in auge nella cultura di massa da autori come Eduardo De Filippo, Salvatore di Giacomo e il principe della risata Antonio De Curtis. Per celebrare le donne per la festa dell’8 marzo ecco dunque un rapido viaggio nei detti, nelle opere e nelle poesie dedicata alle donne di Napoli e del mondo. 

Detti napoletani 

Da dove vengono i detti napoletani? Chi li avrà pronunciati per la prima volta? Difficile risalire alle origini di frasi che, di bocca in bocca, si sono tramandate di generazione in generazione. Ma abbiamo raccolti alcuni dei più divertenti e particolari che, con la loro sagace ironia, sottolineano le qualità della donna. 

  • Chi tène appaùra, nun se cocca cu ‘e ffémmene belle”

Se è vero che “uomo avvisato, mezzo salvato”, questo particolare detto sottolinea come le donne, consce della propria bellezza e del proprio valore, non possono essere conquistate senza una buona dose di audacia. 

  • Quanno ‘a femmena vò filà, fila pure cu ‘o spruòccolo”

Nulla può fermare le donne quando si mettono in testa qualcosa. Sarebbe quindi saggio desistere dall’idea di farle cambiare idea. 

  • “A femmena è comme all’onna d’ ‘o mare: o te sulleva o t’affonna”

Mai andarci troppo alla leggera: le donne sono capaci di donare tutte sé stesse e rendere le nostre vite migliori… ma sono anche capaci di riprendersi tutto. 

  • “A femmena ‘nfenesta nun fa maje festa”

Se è vero che nell’immaginario dei quartieri è immancabile la figura di una donna affacciata alla finestra che tutto sa e tutto vede, il detto vuole essere un invito a non lasciare che la vita scorra semplicemente davanti agli occhi, ma ad agire in prima persona non più da spettatrici ma come protagoniste della propria vita. 

Le donne nelle opere

Se parliamo di donne ed opere napoletane, come non citare il film “Totò e le donne” del 1952? In questa particolare pellicola, il cavalier Scaparro (interpretato dallo stesso Totò) mette in guardia gli uomini dal “logorio della donna moderna” e suggerisce di “soffittizzarsi”, ovvero rifugiarsi in un luogo tranquillo per non essere infastiditi dalle proprie mogli. Ma alla fine, il cavalier Scaparro capisce quanto molto deve alla moglie, e si rivolge un’ultima volta agli spettatori dicendogli che “noi uomini lottiamo lottiamo, ma alla fine vincono sempre le donne”. 

Più sottile è il ruolo delle donne ricoperte nelle opere di Eduardo De Filippo. Nei primi testi teatrali ancorate alle quattro mura domestiche, nei testi del del dopoguerra sono sempre più consapevoli del proprio ruolo e della propria forza. Da Concetta di “Natale in casa Cupiello”, che forzatamente ha dovuto portare i “pantaloni” in casa per sopperire alle mancanze del marito Luca, fino alla massima eroina dell’universo di Eduardo, Filumena Marturano. Filumena che, contro gli uomini e la società che abitano, decide non solo di far nascere i così detti “figli della colpa”, ma affronta l’amante e l’amore di sempre, Domenico Soriano, per dargli un cognome e un futuro. 

Le donne nella poesia

Vogliamo concludere questo piccolo viaggio, ancora una volta, con la firma da Antonio De Curtis, che ha composto questa poesia in cui afferma, senza alcun dubbio, che le donne non possono essere semplicemente nate dalla costola di un uomo. 

Chi l’ha criata è stato nu grand’ommo,
nun ‘o vvoglio sapè, chi è stato è stato;
è stato ‘o Pateterno? E quanno, e comme? 
Ch’avite ditto? ‘0 fatto d’ ‘a custata?
Ma ‘a femmena è na cosa troppo bella,
nun ‘a puteva fà cu ‘a custatella! 
Per carità, non dite fesserie!
Mo v’ ‘o ddich’io comm’ è stata criata:
è stato nu lavoro ‘e fantasia,
è stata na magnifica truvata,
e su questo non faccio discussione;
chi l’ha criata è gghiuto int’ ‘o pallone!

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