A distanza di duemila anni dalla morte dell’Imperatore romano Augusto, avvenuta a Nola nel 14 d.C., l’Italia, la Campania e la città di Napoli omaggiano la memoria di una così grande figura storica con la mostra – che è stata inaugurata lo scorso 19 dicembre e terminerà il 4 maggio 2015 – “Augusto e la Campania. Da Ottaviano a Divo Augusto. 14-2014 d.C.” presso il Museo Archeologico di Napoli.
Augusto, Gaio Giulio Cesare Ottaviano, figlio adottivo di Cesare e suo erede nel testamento politico e spirituale, durante tutto il proprio iter politico, con molta abilità riuscì a valersi contemporaneamente dell’appoggio dell’oligarchia senatoria, la quale sperava, appoggiandolo, di potersi servire a sua volta di lui per ristabilire la propria supremazia mortificata dalla forte personalità di Cesare prima e dall’estremismo di Antonio poi, e delle simpatie da parte delle alte fila dell’esercito.
Rivelò il suo genio politico, nell’arco di oltre cinquant’anni di pace, concentrando tutto il potere nella propria persona, pur conservando e onorando tutti gli ordinamenti repubblicani per non toccare la sensibilità del Senato e non destare sospetti di dittatura.
Ebbe conferita a vita la carica di console, che gli assicurò il comando degli eserciti e della flotta; la potestà tribunizia, che dandogli facoltà di veto, lo rese inviolabile e superiore ad ogni altra magistratura; il pontificato massimo che aumentò la sua autorità. Accettando, poi, il titolo di Augusto – era il 27 a.C -, si circondò di un’aureola di semi-divinità, che diede alla sua supremazia una base religiosa.
Dopo la sua morte, Augusto fu divinizzato, e il suo culto, assieme a quello della dea Roma, costituì per lunghissimo tempo il legame religioso di tutto l’impero.
Di Augusto è stato giustamente detto che volle governare con la ragione un popolo soggiogato con la forza riuscendo a farlo passare insensibilmente dalla libertà alla tirannide. Dopo secoli di lotte intestine continue, che avevano accompagnato lo sviluppo di Roma, Augusto finalmente riuscì ad assicurare all’interno un lungo periodo di pace, tanto da apparire come il fondatore della “pace romana” estesa a tutto l’universo abitato.
Aiutato da ministri valenti e fedeli, come Mecenate e Agrippa, favorì la cultura proteggendo letterati ed artisti, e rinnovò l’aspetto edilizio di Roma, tanto da poter affermare, al termine della vita, che lasciava di marmo una città avuta di pietra. Oggi, trascorsi due millenni, il mito del Divo rivive nei saloni del Museo.
La mostra, che vuole essere un omaggio, chiude le celebrazioni del bimillenario dalla morte, individuando e argomentando lo stretto legame tra l’Imperatore e la Campania, attraverso oltre mille opere che analizzano e raccontano cronologicamente la sua carriera politica e militare.
Saranno esposti capolavori inediti al pubblico, che attingono dall’enorme patrimonio del Museo archeologico di Napoli e dalle collezioni del Centro Caprense I. Cerio e dal Museo Diocesano di Capua.