Inaugurato nel 1957, il Museo nazionale di Capodimonte fu da subito considerato un museo all’avanguardia. La qualità delle opere esposte, l’efficienza dei servizi e la presenza di strutture tecniche per il restauro e la fotografia lo posero per molti anni sotto i riflettori di tutta Europa. La riqualificazione della Reggia e la sua trasformazione in Pinacoteca nazionale di grande livello ha in un nome il suo fautore principale: Bruno Molajoli.
Chi era Bruno Majoli
Nato nel 1905 a Fabriano in una famiglia di umili origini, terminati gli studi gira l’Italia per lavoro, prima come ispettore alla Soprintendenza all’arte medievale e moderna di Ancona, poi trasferito a Bari dopo aver vinto il Concorso di Ispettore alle Antichità e alle Belle Arti. Nel 1934 diventa Direttore della Galleria Sabauda di Torino e nel 1936, grazie ad una promozione, fu trasferito a Trieste. In questi anni cura molti interventi di restauro rilevanti, tra cui lo scavo e il recupero del Teatro Romano ai piedi del colle di San Giusto.
Arrivato a Napoli nel 1939 per ricoprire il ruolo di direttore della Soprintendenza alle Gallerie della Campania, sarà nella città partenopea che raggiungerà l’apice della sua carriera.
Il piano di salvataggio delle opere d’arte durante la Seconda guerra mondiale
Sul finire della Seconda guerra mondiale terribili bombardamenti si abbatterono su Napoli. I soldati tedeschi iniziarono la ritirata lasciando dietro di sé solo morte e macerie e, inoltre, trafugando le opere d’arte dai siti culturali (come nel caso di Palazzo Reale, da loro occupato). Prevedendo una triste fine per i capolavori custoditi a Napoli, Molajoli con il solo personale della Soprintendenza organizzò un incredibile piano di salvataggio che portò al sicuro circa 60.000 opere d’arte. Trasportate in salvo nei conventi di Cava de’ Tirreni, Liveri di Nola, Montevergine e Montecassino furono riportate a Napoli dopo lo sbarco degli Alleati con i quali Molajoli strinse una forte collaborazione per la salvaguardia dei beni artistici.
Il Museo nazionale di Capodimonte
L’edificio mi diede l’impressione di un triste abbandono, sicché non nascosi il mio timore che esso non si sarebbe potuto tirare fuori nulla di buono. Ma non avevo fatto i conti con la genialità di Molajoli: quello che lui è riuscito a fare lo mette in prima linea tra i realizzatori, tra gli esseri capaci di portare tutto a buon fine. È un visionario che sa attuare i suoi sogni ed allo stesso tempo un artista di grande sensibilità e di ottimo gusto.
– Bernard Berenson
Il nome di Molajoli è però legato principalmente al Museo nazionale di Capodimonte. Un decreto del 1949 destinava l’ex reggia borbonica a sede di Pinacoteca nazionale e Molajoli si occupò della riqualificazione di quella che definiva “la Versailles napoletana”. Dopo aver allestito il Museo di San Martino, il Museo Duca di Martina di Villa Floridiana, il Museo Civico Gaetano Filangieri e Villa Pignatelli, a partire dal 1952 si concentrò unicamente su Capodimonte dove riversò le sue influenze dovute ai viaggi studio fatti all’estero. Oltre alla costituzione di una galleria della pittura napoletana, riuscì ad integrare importanti collezioni private che arricchirono ulteriormente il museo. Questo gli valse svariati riconoscimenti internazionali e accese su Capodimonte l’attenzione di tutta Europa.