Coralli Napoli: i preferiti dai francesi

Coralli Napoli
Coralli Napoli
© 123rf.

I gioielli coniati con i rinomati coralli di Napoli, noti con l’appellativo di coralli rossi,  hanno una tradizione secolare e lunghissima.

Quando si parla di coralli di Napoli, la mente volge subito al paese vesuviano di Torre del Greco, dove oggi finisce la maggior parte del corallo pescato per essere lavorato e poi esportato in tutto il mondo. Ma come ha fatto Torre del Greco a divenire la patria della produzione dei gioielli in corallo? E qual è la loro origine? 

Dove si lavora il corallo a Napoli? 

Il luogo della lavorazione dei “Coralli Napoli” è, per antonomasia, Torre del Greco. Questo grazie a una serie di passate norme conosciute sotto il nome di “Codice Corallino”. Ma prima di arrivare al Codice bisogna partire da molto, molto lontano. 

Non è facile risalire a origini certe della scoperta e della successiva lavorazione del corallo. Secondo le più recente scoperte archeologiche, il corallo era già utilizzato per decori e ornamenti dai Sumeri e in Asia più di tremila anni fa. Nel sud Italia era ben noto all’epoca della Magna Grecia, in cui il corallo era per lo più utilizzato per la farmacologia. Ma ne dovrà passare di acqua sotto i ponti per arrivare a parlare dei “coralli Napoli”. 

In passato, i pescatori provenienti da Torre del Greco si spostavano fino alla Sardegna per poter estrarre, dal mare, il cosiddetto “gioiello rosso”. A quei tempi, la tradizione mediterranea della lavorazione del corallo vive la sua massima espressione in Sicilia, a Trapani, tra il XIV e il XV secolo. Col tempo, i corollari siciliani si spostarono dal loro luogo d’origine giungendo anche in Campania.

Nell’800 l’arte della lavorazione dei “coralli Napoli” raggiunge un’espansione senza precedenti. Proprio a Torre del Greco arriverà un borghese originario di Marsiglia: Paolo Bartolomeo Martin. Qui Martin incontrerà un mercato vergine di industrie e dalle infinite possibilità. A quei tempi, la politica borbonica mirava a incentivare sempre più le imprese artigianali. Possiamo dire che Martin non trovò praticamente ostacoli per la sua attività, con cui inizialmente comprava i coralli a basso costo dai pescatori torresi. Per la produzione dei gioielli fondò la Real Fabbrica di Corallo di Torre del Greco, a cui seguirono tante piccole botteghe in cui lavoravano mogli e figli dei pescatori. 

L’espansione internazionale dei gioielli in coralli Napoli si deve a Carolina Bonaparte, moglie di Gioacchino Murat, che rimase folgorata dalla loro bellezza. Tanto che divennero un tipico regalo napoletano per i francesi in visita a Napoli. La stessa Carolina regalerà all’imperatore francese una spada decorata con i ben noti cammei lavorati dalla tradizione torrese.

È in quest’epoca che nasce il Codice Corallino per mano del consigliere reale Michele De Jorio. Originario di Procida, De Jorio ha coniato il primo codice marittimo d’Italia, in cui compare anche il Codice Corallino, nato dall’esigenza di regolamentare non solo la pesca del corallo, ma anche i rapporti fra i pescatori con diritti, obblighi e pratiche mercantili ben definite per i “coralli Napoli”. I pescatori torresi erano infatti soliti scontrarsi con i corsari turchi e barbareschi, oltre che con la Compagnie Royale d’Afrique nei loro spostamenti ad est della Tunisia. La Compagnie Royale d’Afrique tentava infatti di imporre un proprio monopolio nella pesca del corallo, a cui i Borbone risposero con il Codice Corallino. 

Questa lunga e articolata storia trova la sua personificazione non solo nei gioielli in “coralli Napoli” costantemente richiesti e desiderati, ma anche nel Museo del Corallo, nato nel 1986 per volere di Giorgio Filocamo, discendente da una famiglia di corallari. 

 

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