Cristina nel paese delle meraviglie

Non posso ascoltare il tuo canto di Cristina Burns
Non posso ascoltare il tuo canto di Cristina Burns
Non posso ascoltare il tuo canto di Cristina Burns

Viaggio attraverso gli onirici scatti di un talento emergente.

Cristina Burns ha occhi di un colore indefinito: un nocciola screziato d’oro muta lentamente in verde sottobosco; basta poco però, perché l’autunno lasci spazio alla primavera, facendoli risplendere di una tenera sfumatura d’erba nuova… eppure solo per il tempo di un battito di ciglia, sufficiente perché risultino di un caldo giallo chartreuse.

Cristina Burns - autoscatto
Cristina Burns – autoscatto

Ciò su cui non ci si può sbagliare, invece, è la fiamma che vi arde guizzante, impetuosa, allorquando lo sguardo si posi su un qualcosa che ne attragga l’attenzione. Ahimè, anche il fortunato destinatario che inneschi la scintilla dell’ingegno creativo non è dato sapere, se non al termine del processo che coincide con lo sviluppo delle foto: forse perché Cristina vede cose ove altri non immaginerebbero di guardare, o perché immagina cose laddove altri si limitano a vedere senza guardare. È il caso della serie «Lonely toys», scattata in un palazzo diroccato a Viterbo, dove, a seguito di un attento sopralluogo, Cristina ha ricreato un set adatto a raccontare la storia che quel luogo «le aveva raccontato».

I luoghi abbandonati, per l’artista, hanno un fascino ammaliante, sebbene necessitino sempre di un tocco personale: ecco che alle mura disfatte, ai calcinacci sul suolo, all’umido di ambienti che non conoscono più il calore della presenza dell’uomo, si contrappongono i giochi d’infanzia, che con le loro forme armoniose e i colori vivaci, più di tutti ispirano gioia, amore, empatia. Quei giocattoli – come spiegato dalla fotografa – sono soli perché lasciati lì, e come tali costituiscono memoria di un vissuto che è stato; «mi piace immaginare che anche gli oggetti abbiano un’anima» afferma distrattamente Cristina, mentre scorre le immagini. Soffermandosi su quella che ritrae un cubetto Lego sull’uscio di casa prosegue: «è come se, usciti dalla vita degli esseri umani se ne fossero costruita una propria… » e gli scatti effettivamente trasmettono la sensazione di osservare un quotidiano occulto ma verosimile, che altrimenti non ci sarebbe dato conoscere. Altrettanto esemplificativa in questo senso è la raccolta «Eeny Meeny Miny Moe», nei cui scatti prendono vita dei simpatici esseri soprannaturali, costituiti di bolle formatesi secondo un assetto casuale, ma che grazie all’obiettivo dell’artista assumo immediatamente connotazione. In linea con il concetto di una fanciullezza troppo spesso dimenticata, ricorrente nelle opere di Cristina, i quattro mostriciattoli sono corredati da un’identità che diviene perfino una storia: Eeny Meeny Miny Moe nascono con una ricetta proveniente da un libro incantato, i cui ingredienti sono rossetto, sapone, zucchero e lenticchie. Carini e giocosi, amano essere fotografati qualora un colpo di fortuna permetta d’incontrarli…

Meeny di Cristina Burns
Meeny di Cristina Burns

Il fotogenico quartetto, insieme ad altre opere che riproducono i piccoli mondi immaginari dell’autrice, ha accompagnato la fotografa in un entusiasmante tour espositivo che ha toccato Nizza, Amsterdam, Barcellona, Stoccolma, Parigi e infine Napoli, dove attualmente vive l’artista italo-americana. «Napoli è talmente unica in tutto: ti senti sempre a tuo agio.» confessa Cristina. «In strada, anche se con te non c’è nessuno non ti senti mai sola, circondata da sconosciuti con cui scambiare sempre una parola. Anche visivamente offre così tanto: ovunque si guardi c’è qualcosa d’interessante… Non potrei vivere senza questa città!».

Per quanto il lavoro di questa talentuosa artista sia fortemente influenzato da una visione pop-onirica della realtà, non manca di annoverare degli splendidi scatti dell’amata metropoli campana che, con il suo innato grande spirito, è in grado di dare il meglio di sé anche «al naturale». Così, numerosi si stagliano scatti dalla grande sensibilità artistica, scene di vita rubata che, sebbene «comune», presenta una carica emotiva fuori dall’ordinario. L’indimenticabile mano riflessa nella pozza di «I WantToTouchTheSky» sprigiona una carica d’anelito inestinguibile; in «Time is up» l’orologio privo di lancette, svettante tra l’immondizia, emette inclemente la sua ardua sentenza. Lo scatto di un clochard, ritratto nel suo umile giaciglio di cartoni – per puro caso disposto sotto un poster pubblicitario che reclamizza «vinci una casa arredata» –, ha un’ironia e una potenza tali da non necessitare neanche di un titolo; come tale si classifica tra le opere «Untitled». Sebbene relativamente nuova nell’ambiente della fotografia, Cristina Burns, come tutti i grandi, innati talenti, ha già alle spalle un percorso ben definito e variegato che attualmente l’ha portata a sperimentare una forma ulteriore d’arte correlata alla fotografia. «Nelle foto raccolgo caramelle, giocattoli, farfalle, colori, fiori… tutte le mie passioni. Credo siano fondamentali, sono ciò che ci rende vivi». Così i «piccoli mondi» dell’artista, passibili d’evoluzione, assumono ulteriore tangibilità: il primo passo operato dalla migrazione della dimensione immaginaria alla rappresentazione su carta viene superato, concretizzato dal desiderio e dalla capacità di «mettere insieme» gli oggetti da immortalare. Elementi spesso in plastica, coloratissimi, «ipercontemporanei» si fondono tra di loro in istallazioni graffianti, fortemente simboliche, che assumono tanta più tangibilità quanto più profondo è lo strato del subconscio con cui riescono a venire in contatto nello spettatore. Frutti di tale sperimentazione sono le raccolte «Portrait», «Landscape» e «Still Life».

Still Life - Lost Paradise di Cristina Burns
Still Life – Lost Paradise di Cristina Burns

Quest’ultima, a dispetto della recente creazione, si è già imposta tra le icone del Natale della sezione fotografica di Vogue e nei cuori di quanti, soprattutto sui social network, con stima e affetto la seguono.

 

Thoughts of a girl di Cristina Burns
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