Il pittoresco quartiere (situato fra il borgo Santa Lucia, il Chiatamone e Chiaia) si inerpica sul Monte Echia in quel distretto anticamente denominato Pizzofalcone chiamato per via della falconiera per la real caccia di falconi svettante sulla collina, fatta edificare da Carlo I d’Angiò (re di Napoli dal 1266 fino al 1285) per praticare il suo sport preferito.
Ma – O tempora o mores – nel XVI secolo, grazie alla costruzione della chiesa di Monte di Dio con annesso convento, la zona assunse la denominazione omonima, mettendo nel dimenticatoio certe inclinazioni venatorie, colpevoli di aver decimato non poco le specie accanitamente cacciate. La storia ancor più antica ci tramanda notizia che l’eccentrico e facoltoso generale romano Licio Licinio Lucullo ( gastronomo ante litteram, celebre per il lusso sfrenato con cui approntava banchetti per i suoi ospiti ) avesse proprio in questi spazi la sua favolosa villa, con roboraria in cui allevava animali selvatici, vivaria per la vendita di pesci rari, laghetti e moli, di cui alcuni ruderi fanno da muti testimoni.
Si narra anche che, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la collina fosse sede della comunità di monaci basiliani, che aderirono poi nel VII secolo alla regola di San Benedetto. Sospesa tra il sacro e il profano, Pizzofalcone era, comunque, un insediamento esterno alle mura della città e bisogna arrivare al 1509 – quando Andrea Carafa della Spina, conte di Santa Severina, comprò in quei dintorni dei terreni per costruirvi una casa e il viceré Don Pedro de Toledo realizzò l’allargamento delle mura cittadine – per vedere inglobato nella cerchia urbana il monte Echia, che ancora in epoca aragonese era una fortezza militare con il simbolo della divisa araldica del Trono Infuocato di Alfonso II.
Dai fasti aragonesi si passò nel XIX secolo allo stabilimento militare dei Granatieri della Guardia Reale e al Reale officio topografico che realizzava le carte geografiche del Regno delle Due Sicilie, edifici caratterizzanti di questa fascia urbana che vide ridursi notevolmente le propaggini del monte Echia, alla fine del secolo, per favorire la costruzione di via Caracciolo e la colmata a mare. La località di Pizzofalcone – oggi appartenente al quartiere San Ferdinando – è contraddistinta da varie postazioni di interesse storico e artistico, tra cui la gloriosa Scuola Militare “Nunziatella”, il più antico Istituto di formazione militare del mondo che abbia mantenuto la continuità di vita; la Chiesa della Nunziatella, costruita nel 1588; il Palazzo Pacanowski; i resti di Villa Ebe, residenza dell’architetto Lamont Young; il Palazzo Carafa di Santa Severina; la chiesa dell’Immacolatella a Pizzofalcone; l’antico convento dell’Egiziaca; la Chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone; Palazzo Serra di Cassano sede dell’Istituto italiano per gli Studi Filosofici.
Nelle stradine laterali insiste il Pallonetto di Santa Lucia (borgo oggi noto più che altro come luogo natìo dell’artista Massimo Ranieri), dov’è possibile visitare la Chiesa di Santa Maria della Solitaria ed il Museo artistico industriale Filippo Palizzi, interno all’Istituto d’arte “Palizzi”. Tra le roccaforti della modernità vi sono il Teatro Politeama, il Palazzo Ciccarelli di Cesavolpe sede della Municipalità 1 della Città di Napoli, la caserma Nino Bixio recentemente assegnata alla Nunziatella per ampliare lo spazio destinato ad accogliere i suoi cadetti, l’uscita della stazione Chiaia – Monte di Dio della Linea 6 della metropolitana di Napoli ancora in costruzione, il Ponte di Chiaia che collega la zona di San Carlo alle Mortelle con via Chiaia, grazie a un provvidenziale ascensore.

Last but not least, scendendo per via Gennaro Serra, si arriva al maestoso Palazzo Reale di fronte all’antico largo di Palazzo – oggi Piazza Plebiscito – fiancheggiato dai due palazzi gemelli, sede rispettivamente del Comando Logistico Sud dell’Esercito e della Prefettura (a cui è annesso il Caffè Gambrinus, storico bar napoletano facente parte dei locali storici d’Italia). Domina centralmente la piazza la Basilica di San Francesco di Paola, dal cui colonnato si accede alla Galleria Borbonica, voluta da Ferdinando II di Borbone come via di fuga verso il mare per garantirsi la salvezza nell’ipotesi non troppo improbabile (considerato il peso di tasse e gabelle che venivano imposte alla povera gente) di violente rivolte del popolo contro il Re e la sua Corte.