Davide Bifolco: il connubio sottile tra illegalità e giustizia

pioggia
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Le palpebre calate, l’incarnato cereo, la bocca semiaperta. Un colpo di pistola, come un mozzicone di sigaretta, incastonato nella spalla sinistra, all’altezza del torace. La foto sconcertante pubblicata sul profilo Facebook della sorella mostra con crudezza il corpo inanimato di Davide Bifolco, il sedicenne (ne avrebbe compiuti diciassette il 29 settembre) del rione Traiano di Napoli stroncato dalla mano di un carabiniere, accusato di omicidio prima colposo poi preterintenzionale, in seguito agli esiti dell’autopsia e dell’esame balistico. Ventiquattro ore dopo. Scende la pioggia, bagna gli striscioni che, pur sbavando, gridano ancora “Giustizia!”.

Napoli, al via il corteo per il 17enne ucciso

Il corteo non si scioglie; i cinquecento manifestanti, tra cui gli amici e i familiari del giovane, non interrompono la loro marcia, grondanti e afflitti. Quel sorriso vispo e burlesco, quello sguardo gonfio di spregiudicatezza e di vorace curiosità, di onnipotenza e al medesimo tempo di inservibilità, di disorientamento comuni ai suoi coetanei sono ora agitate al vento sferzante a mo’ di bandiera. La pioggia cade, cade sulle stesse strade, sullo stesso asfalto su cui incedevano, la notte del 5 settembre, le due ruote del motorino con a bordo Davide e altri due ragazzi. Due di notte, caschi assenti, un ordine di arresto non rispettato e un’istantanea quiete piatta, rintronante, che sbrana il petto della madre Flora.
Rimuovo gli auricolari dalle orecchie e la musica cessa all’appello a squarciagola di mia madre “A tavola!”.

ragazza

Tintinnio di posate, bicchieri, piatti, parole e risa. L’assenza di rumori spaventa tutti. Il lacerante silenzio che attanaglia Traiano, landa in cui la vita scorre differentemente rispetto ad altrove e le leggi e le gerarchie sociali si muovono secondo versi e fattori pienamente contrastanti, comunica indignazione, furia, oltre che tormento. Si incrina Napoli, “città di frontiera” più volte tratteggiata dalle testate di cronaca nera come prolifica terra dell’illecito e dell’iniquo, la pecora nera, la più anarchica delle città italiane, ormai disillusa e arresa all’idea della inconciliabilità con lo Stato. Si solleva una cortina, la sfiducia crea una crepa, un ennesimo distacco. La musica riparte, la testa appoggiata sul cuscino, con gli occhi tesi al soffitto, poi sullo zaino, sulle penne, sui quaderni e sugli indumenti sparsi qua e là per la stanza. La musica riparte. Il silenzio spaventa tutti. La musica di Davide non suona più, ma le voci di chi gli ha voluto bene strepitano con risolutezza perché una vita che se ne va, specialmente così acerba, è una duplice disfatta sia per lo Stato sia per la coriacea Napoli.

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