Dei volti di-visi

tavolo di lavoro Mario Iaione
tavolo di lavoro Mario Iaione

Stretto in te stesso, senti di non poterti lasciar andare a quell’uomo enigmatico.

Imperscrutabile, non ha occhi; il viso è celato dietro una maschera, cortina inaccessibile, impenetrabile. Non ti fidi dell’uomo senza volto. Finché non ti accorgi che è come te.

Fratture, cicatrici, ne lacerano la superficie metallica, segnandola. Squarci più o meno profondi, frammenti ricomposti grossolanamente, con fatica si tengono su, a plasmare una creatura ancora più bella, perché più vera, poetica.

opera di Iaione

Trae in inganno l’occhio, apparendo altro da sé, vestito di olii, vernici acriliche, pigmenti, smalti, polveri di pastelli… e del tempo che, avanzando, accarezza tutti gli oggetti, depositandovi, al passaggio, petali di pulviscolo.

Si frange, ma non si piega, metallo che è tale solo in apparenza.

Calda, pastosa, rubizza creta – impastata di sacrificio e sogni – come il primigenio uomo si erge a immagine e somiglianza del proprio creatore.

opera di Iaione

Ovale del viso, naso, bocca corrugata, le cui linee si estendono – seguendo il percorso che le porta ad incontrare le increspature della vita – a tracciare, una ad una, le grinze di quella mappa unica che è il volto umano.

L’uomo senza occhi non è, per questo, un uomo senz’anima. Coraggioso, non conosce le blandizie della bellezza quale estetica fine a se stessa, e forse, proprio grazie alla “cecità” di cui è “fortunata vittima”, si affranca dallo spasmodico bisogno di compiacere a tutti i costi; riesce a guardare “oltre”.

opera di Iaione

Impronta forte, intensa, dignitosa, ha consapevolezza del vivere quotidiano, ne conosce le difficoltà e, sebbene si ammanti di bianco e nero, o nero e rosso – colorazioni che ne esaltano la prigionia -, non suole mai svestirsi della tensione al riso, all’allegria.

L’uomo senza volto racconta la propria vita, o “non vita”, fino al 6 gennaio 2015, presso l’art gallery Coronari 111, in via dei Coronari, a Roma, ove trova collocazione la mostra “Dei volti di-visi”.

opera di Iaione

Poco più di venti opere del Maestro Mario Iaione – tra cui installazioni “bidimensionali” da affiggere su parete, e sculture tridimensionali, da percorrere con lo sguardo lungo tutti i trecentosessanta gradi – celebrano la “costruzione” del quotidiano; atto la cui natura sia un continuum basato sul binomio di “fare e disfare”, “edificare e radere al suolo”, “mettere e togliere”. Gesto che rende giustizia all’esperienza empirica del vivere giorno dopo giorno, sublimato nelle opere del Iaione.

“Le mie sculture sono tenute a fare i conti con la realtà; nascono a seguito dell’osservazione di quanto ci circonda, in un ‘rigoroso gioco’ di bilanciamento tra presente e passato. Non mirano a stimolare il senso della bellezza, quanto quello artistico. Colpiscono perché sono in contatto diretto con l’animo dell’osservatore: vedono e sono viste. Non a caso – procede – detesto ‘spiegarle’. Renderne palesi i ‘miei’ significati. Sarebbe come limitarne la natura poiché, sviluppandosi durante la creazione, vanno al di là del mio stesso pensiero”.

opera di Iaione

Così le opere del Iaione assumono la dimensione di strumento d’esternazione e confronto: a seconda delle corde dell’animo stimolate, del vissuto e del retroterra di ciascun osservatore, si vestono dell’uno e dell’altro significato, rivelando dimensioni e contenuti che, all’atto della creazione, erano oscuri perfino all’autore. Verrebbe da chiedersi, però, fino a che punto l’interazione con un “altro da sé”, che “interferisca” nel delicato processo creativo con sì precipua istanza, sia “accettabile” o costruttivo; quasi leggendo nel pensiero, esplica l’autore: “I commenti che mi giungono all’orecchio – palesati o ‘carpiti’ che siano – hanno le più svariate nature. La forza di creare risiede, però, nell’amare i propri lavori di un sentimento che sia scevro di suscettibilità”.

opera di Iaione

In effetti il comportamento di Mario Iaione è alquanto inconsueto: durante le esposizioni dell’artista (eccellente allievo del Maestro Lello Esposito, ndr.) è facile, per un occhio attento, cogliere il gioco di sguardi che si crea tra opere, fruitori ed artefice. Si potrebbe parlare di “meta-scultura”, allorquando l’impressione dei lavori del Iaione produce, nei volti degli osservatori, ulteriori sculture: “Amo quei visi che scaturiscono dalla creta, così come le emozioni che sono in grado disuscitare. È realtà che origina realtà, un mondo che si genera e si rinnova da sé”.

mario iaione

Fucina d’idee, le mostre del cesellatore – in cui non farà eccezione quella “Dei volti di-visi” – sono un momento topico nella percezione del reale e dunque del processo creativo; nonostante ciò, non una matita, non un album fanno capolino tra le mani del Maestro: “Non amo più disegnare – si confessa – sono un perfezionista, e mi applicherei più sull’estetica dello schizzo che sulla validità dello stesso in senso progettuale. – quindi un segreto, perla di saggezza, fa seguito al concetto già esplicitato – Quando lavoro non mi prefiggo mai uno scopo preciso: la scultura ha un principio d’inizio, quindi si costituisce pian piano, gesto dopo gesto, evolvendo in un assembramento di parti che anelano la ‘forma compiuta’, raggiunta la quale l’opera può dirsi completa. In questa ottica va a collocarsi la mia ‘regola aurea’: se un’idea è valida s’incastona nella mente in maniera inamovibile. Tutto ciò che si dimentica, si rimuove perché senza valore”.

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