Di tutti i luoghi comuni affibbiati alla città di Napoli, di tutte le immagini e i cliché che la raccontano, pochi trovano riscontro davvero nella realtà. Dire che Napoli è sole, pizza e mandolino è tanto puerile quanto dire che a Milano c’è solo la nebbia. Dire che a Napoli non piove mai è un’utopia, dire che a Napoli la fa da padrona l’arte di arrangiarsi è infamante, dire che è la città più pericolosa del mondo è semplicemente ridicolo. C’è solo un luogo comune a cui sono affezionato, un’immagine dalla quale mi piace essere rappresentato: Pulcinella. Per questo accompagno nuovamente mio nipote a via dei Tribunali.
“Zio, qui ci siamo già stati, perché non vediamo tutto in una volta?”.
“Perché a Napoli non funziona così! Piccole perle di arte sono in ogni vicoletto, a volte te le dimentichi e poi le ritrovi e ti chiedi come hai fatto a scordartele…”.
“E ora cosa vediamo?”.
“Qualcosa che conosci! L’avrai visto in qualche teatrino delle marionette, o in questi giorni per le strade di Napoli… Pulcinella!”.
Arriviamo all’incrocio con il piccolo Vico Del Fico al Purgatorio e lì nascosto un po’ dai portici campeggia uno straordinario busto di Pulcinella, realizzato dal maestro Lello Esposito e regalato alla città di Napoli. Le fattezze e i dettagli dell’opera sono meravigliosi e quel volto è troppo umano, troppo napoletano, per non essere vero.
“Zio, me lo sono sempre chiesto: ma perché a noi doveva capitarci proprio Pulcinella? Quando ci apostrofano così sembra che ci prendono in giro…”.
“Sbagliano! E poi non ce lo siamo scelti… Pulcinella affonda le radici nella storia di questo popolo e di questa terra! Addirittura qualcuno lo fa risalire alle Atellane, commedie romane del VI secolo nelle quali c’era un personaggio, Maccus, che aveva le sembianze e i modi di fare molto simili a quelle di Pulcinella: un po’ imbranato, un po’ risolutore di problemi con mezzi non sempre ortodossi…”.
“E vedi zio… non è un po’… ridicolo essere così…?”.
“Forse… ma non è in quello che mi identifico… io mi identifico in questo sorriso accennato che vedi qui… quel “pizzo a riso” come lo chiamiamo a Napoli. Quella capacità di saper ridere dei problemi, ma con l’amarezza di chi sa quanto questi siano gravi. Però Pulcinella sa che non deve darlo a vedere, altrimenti cosa si inizia a dire in giro di Napoli? Che siamo diventati tristi? Che i problemi sono diventati insuperabili? No, qui dobbiamo ridere…!”.
“Zio, credo di non essere tanto d’accordo. Perché “dobbiamo”?! Secondo me questo sorriso accennato è di chi invece non ce la fa più a tenere su quella maschera perché lo sa che togliendola rivelerebbe degli occhi tristi, magari anche sconfitti… se davvero abbiamo un’arma in più rispetto a questi problemi, usiamola, ma con una nuova prospettiva: dobbiamo essere napoletani, non fare i napoletani”.
Il Pulcinella disegnato da Lello Esposito indossa il cappello, ma sono convinto che se avesse anche le braccia ora si toglierebbe il cappello davanti a mio nipote, getterebbe via la maschera rivelando occhi pieni di ammirazione e il suo sorriso accennato, diverrebbe finalmente una smorfia diversa: la smorfia di chi vuole rialzarsi!