Il problema di far conoscere a qualcuno la storia di Napoli e le sue leggende non sta tanto nell’andare a scavare tra i secoli, ma sta nel rendersi conto che ogni strada, ogni vicolo, anche il più stretto e angusto, ha una sua storia da raccontare, una sua leggenda che affonda nel passato. Tra questi vicoletti angusti figura sicuramente Vico della Serpe, nel centro storico di Napoli, a poca distanza da Porta Capuana.
“Zio… io ora capisco tutto, ma qui c’è davvero poco da vedere!”.
“Non posso darti torto…!”.
In effetti, Vico della Serpe non è niente di più di una stradina – tra l’altro tenuta molto male – stretta e antica come ce ne sono altre centinaia nella stessa zona. Ma come in tanti casi, bisogna fare un salto indietro per conoscere una storia ormai dimenticata narrata nel Settecento napoletano, ma che ha le sue radici nel 832 d.C.
“Ora ti racconto una storia e ti farò vedere come le cose possono accadere anche nei luoghi che meno pensi che se le meritano. Questo vico… era la dimora… di un mostro!”.
La suspense nel pronunciare le ultime parole ottiene l’effetto sperato. Mio nipote inizia a guardarsi intorno…
“Non ci credo, non vedo nessun luogo adatto ad ospitare un mostro!”.
“Lascia che ti racconti…”.
La storia leggendaria di Vico della Serpe viene raccontata nell’opera del 1715 “Zodiaco di Maria, ovvero le dodici province del Regno di Napoli” di Frate Serafino di Montorio. Si racconta che oltre le mura di cinta di Porta Capuana che dava accesso alla città si estendesse una palude insalubre dove viveva un terribile “draco”, parola che può essere tradotta sia con “drago” che con “serpente”. Questo draco aveva la capacità di pietrificare ogni essere umano al solo sguardo…
“Come il basilisco di ‘Harry Potter e La Camera Dei Segreti’?”.
“Esattamente, forse era proprio un basilisco! Ma torniamo alla leggenda…”.
Nonostante la presenza di questo draco, un giovane nobile, Gismondo, si decise ad attraversare la palude per raggiungere l’altare dove San Pietro in persona celebrò messa, ovvero l’Ara Petri che la Basilica di San Pietro ad Aram costodirebbe. Gismondo in nome della sua fede era pronto a combattere il mostro che tanti altri prima di lui aveva fatto soccombere, ma con sua enorme sorpresa il mostro non si palesò mai e lui poté attraversare la palude indisturbato.
“Tutto qui? Mi aspettavo almeno un combattimento con la spada…”
“Non è Harry Potter questo! È Gismondo!”.
In ogni caso, c’era un motivo per cui il mostro non si palesò. Durante la notte successiva all’attraversamento della palude i sonni di Gismondo furono più che tormentati. Gli apparve, infatti, la madonna che, toccata dalla devozione del giovane, gli disse di aver ucciso il mostro per favorire il suo passaggio e salvare di fatto la città dal mostro. In cambio il giovane Gismondo doveva edificarle una chiesa nel luogo in cui avesse trovato il corpo senza vita del drago. Gismondo tenne fede al suo impegno e fondò la Chiesa di Santa Maria ad Agnone, dove il termine Agnone sta appunto per grande serpe (dal latino Anguis – Anguilla).
“Un po’ meglio… ma avrei preferito un combattimento…”.
“Accontentati perché c’è già chi dice che è tutto inventato e che questo vico semplicemente si chiama così perché prima ci fosse un tempio greco dedicato al dio Asclepio, il dio dell’arte medica, il cui simbolo è appunto un serpente…”.
“No, meglio la storia di Gismondo… a proposito, teniamo gli occhi chiusi ora che andiamo via… magari il basilisco è ancora qui… da qualche parte…!”