La fiaba è un piccolo lampo di vita, semplice, efficace, sognante, ribelle. Ben lo sapeva Esopo, artefice di piccoli capolavori letterari, di benefici strali di saggezza. I suoi animali diventano protagonisti di un affascinante viaggio. La morale si dipana alla luce del sole. E’ cunte d’’e bbestie (Aracne editrice) di Pina Capobianco ripropone quel mondo tanto fantastico quanto intramontabile. Si tratta di favole liberamente ispirate agli scritti dello scrittore greco e adattate in lingua napoletana. Le pagine sono impreziosite dalla versione italiana a cura di Antonio Portolano e dalle splendide illustrazioni di Giulio De Angelis. L’autrice, che ha vissuto per anni tra Napoli e Capri, si è dedicata allo studio del napoletano e del francese, spinta dalla necessità di rafforzare quel trait d’union che accomuna le due lingue, amate in maniera viscerale. Nel 2007 ha pubblicato “Viva Napoli e Paris”, antologia di canzoni napoletane da lei tradotte e cantate in francese. Oggi propone una nuova avventura. Il volume offre la lucente semplicità mediterranea, ancora una volta impreziosita dalla sonorità vesuviana. “Impresa non facile, quella di adattare in napoletano le favole di Esopo”, scrive nella prefazione Franco Milone, “ma non per Pina Capobianco. La sua passione per la lingua napoletana si sostanzia nella realizzazione di questo progetto ambizioso: misurarsi con il potere evocativo e affabulatorio del Corpus fabularum Aesopicarum rendendo appieno tutto il fascino e la freschezza del racconto originale”.
Nel caleidoscopio di emozioni e riflessioni che planano sulla leggerezza narrativa, il lettore diventa protagonista. Una sorte di Diogene alla ricerca del vissuto, della riscoperta, dell’etica senza tempo. “Brevi e asciutte nello stile”, si ricorda nella quarta di copertina, “le favole (di Esopo) sono per la maggior parte di animali; tutte con una breve morale alla fine e hanno principalmente uno scopo didattico ed educativo. Ciò significa che, nelle narrazioni, si assiste di continuo a situazioni ispirate a un insegnamento pratico, con uno sfondo di morale che si riflette sulla fisicità e sulla emotività dei personaggi”. In sintesi, la semplicità diventa arma potente e unica. Le parole compiono la metamorfosi, si trasformano in messaggere d’emozioni, di piccoli grandi gesti dell’animo umano.
“La padronanza e l’uso dei termini dialettali, in linea con la tradizione linguistica”, ricorda ancora Franco Milone, “imprimono al lavoro un ritmo narrativo che si avvicina ai personaggi e alla loro essenza filosofica. Così le singole favole diventano piccoli affreschi mirabilmente valorizzati dalla maestria pittorica del maestro Giulio De Angelis; affreschi che, a mo’ di fattarielli, raccontano di lupi, agnelli, tartarughe, umili asini e cavalli boriosi: un saggio regno animale (che non mancherà di ispirare la fattoria di orwelliana memoria) con le caratteristiche dell’umana condizione del vivere”. L’intreccio risulta piacevole e ben orchestrato. Napoletano e italiano si rincorrono, si ritrovano nella reciproca potenza verbale. Il tutto, come sottolineato, risalta attraverso le magiche intuizioni grafiche, veri assaggi d’arte.
“Il lavoro di Pina è tutt’altro che un divertissement letterario”, conclude Giuliano Pergola nella postfazione al volume, “è la traduzione della saggezza popolare in chiave partenopea dalla quale le favole esopiche ricevono nuova linfa vitale. L’idea originale dell’autrice permette al lettore di apprezzare un connubio particolarmente felice attraverso il quale la fantasia e la vivacità comunicativa della lingua napoletana rendono ancora più vivo il messaggio di richiamo ai valori fondamentali dell’esistenza, caratteristica delle favole”.