Eleonora de Fonseca Pimentel: poesia e rivoluzione

La storia di Eleonora de Fonseca Pimentel, l’intellettuale rivoluzionaria eroina della Repubblica Napoletana.

Studiosa, poetessa, giornalista, politica e patriota, Eleonora de Fonseca Pimentel con il suo talento e la sua personalità eclettica si colloca senza dubbi nella schiera dei personaggi più completi e complessi della storia della nostra città perché anche se non nacque a Napoli, per la libertà di Napoli morì.

Eleonora de Fonseca Pimentel nacque a Roma nel 1752 da genitori portoghesi, poi si trasferì a Napoli con la sua famiglia quando era ancora una bambina e qui iniziò, sin da piccolissima, a studiare il greco e il latino, a parlare diverse lingue e a comporre versi dal gusto arcaico. Col tempo affiancò allo studio delle lettere quello delle discipline storiche, giuridiche ed economiche partecipando con sempre crescente interesse ai salotti degli intellettuali napoletani, come Gaetano Filangieri e Domenico Cirillo e intrattenendo rapporti epistolari con i maggiori intellettuali europei, tra cui Voltaire e Goethe.

Divenne amica e poi bibliotecaria della regina Maria Carolina D’Austria: al di là delle divergenze politiche che sarebbero successivamente prevalse, le due donne erano accomunate dall’essersi affermate in due settori, quello politico e quello intellettuale, al tempo prevalentemente maschili.

Nel 1778 Eleonora sposò il tenente Pasquale Tria De Solis ma il loro matrimonio fu tutt’altro che felice. Tria era non solo lontano dagli ideali e dai valori della consorte, ma anche violento e geloso, al punto che il padre di Eleonora intraprese poi una causa per il divorzio.

La rivoluzione e la proclamazione della Repubblica Napoletana 

La Rivoluzione francese del 1789 scosse l’Europa, fomentando il desiderio di libertà e indipendenza in tutte le città e in ogni corte: molti intellettuali furono arrestati e tra questi anche la stessa Fonseca, con l’accusa di giacobinismo. Dopo la fuga di Ferdinando IV e Maria Carolina, Eleonora tornò in libertà quando il movimento dei Lazzari prese d’assalto le carceri, e aderì al comitato patriottico per l’istituzione di una repubblica democratica. Con abiti maschili si unì a coloro che nel gennaio 1799 s’impossessarono di Castel Sant’Elmo e poi proclamarono la nascita della Repubblica Napoletana.

Nel corso della breve vita di questa neo-proclamata repubblica, Eleonora Pimentel Fonseca divenne direttrice, nonché principale autrice, del Monitore Napoletano, giornale del governo rivoluzionario. Per la nuova repubblica scrisse l’Inno alla Libertà, di cui però tutt’oggi non si ha traccia, e s’impegnò per diffondere gli ideali repubblicani anche presso le classi meno agiate e meno colte attraverso la propaganda in dialetto, oppure gli spettacoli in piazza.

Purtroppo, questi tentativi non sortirono l’effetto voluto, e più che farle conquistare nuovi sostenitori, acuirono il malcontento dei Borbone nei suoi confronti. Così, quando solo pochi mesi più tardi la repubblica fu rovesciata e la monarchia restaurata, Eleonora Pimentel Fonseca fu condannata a morte e impiccata in piazza Mercato a soli 47 anni.

Il 20 agosto 1799 andando al patibolo, tra una folla di concittadini in festa per quelle esecuzioni, citò Virgilio dicendo «Forsan et haec olim meminisse iuvabit» e cioè «Forse un giorno ci farà piacere ricordare anche queste cose»: aveva ragione, perché Napoli ancora oggi celebra il suo ricordo e quello di tutta la giovane ‘intellighènzia’ napoletana (di nascita o d’adozione) che, benché avversata dal popolo per cui stava lottando, scelse di sacrificare la propria vita nel nome di libertà, democrazia e fratellanza.

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