Elis e la sua arte metropolitana

mister T
mister T

Elis, con una sola L, di lui ci basta conoscere il nome. Questo è quanto. Il nostro viaggio tutto partenopeo sulle scie delle bombolette prosegue a Fuorigrotta.

Prendendo la Linea2 della metro, scendiamo alla stazione di Campi Flegrei e proseguiamo a piedi in direzione Cavalleggeri. Restiamo vaghi su direzioni o crocevia, è necessario. Qui, nell’ambiente, è bene vivere l’arte nell’anonimato. Qualche occhio indiscreto potrebbe fraintendere.

Dicevamo, Elis, con una L. Si, è proprio questo l’inghippo, chi è Elis? Pirandello diceva uno, nessuno e centomila. È studente universitario, ma la notte, quando l’ultima saracinesca dell’ultimo caffè è stata abbassata, scende in strada. Sul cosa faccia in strada, in qualche antro buio e tetro, qualcuno potrebbe trovare qualche anomalia. Noi gli diremmo punti di vista. L’arte è libera ed in continua evoluzione. È una continua ricerca sia che parliamo dei mezzi che della tecnica. Eppure quando si parla di writing o di street art il concetto di libertà va un po’ oltre. È un modus per vivere l’arte nell’anonimato. I cittadini vivono la città, appunto, da cittadini. Gli homeless adibiscono la città a loro casa. Noi ci poniamo nel mezzo, comunicando criticamente con l’ambiente urbano.

Homeless
Sono uomini dalla doppia vita questi, diremmo ancora una volta punti di vista. Moderni Mr. Hyde si aggirano per i nostri quartieri e non ne eravamo a conoscenza? Piuttosto, sarebbe ora che indagassimo l’aspetto occulto e più nascosto del fenomeno.

La cultura hiphop in principio nacque nel ghetto ed oggi approda finalmente al quartiere borghese. È cultura, nient’altro. E noi, popoli d’amore, riprendendo in questo modo una lezione del Professor Bellavista, dovremmo curarci dell’aspetto antropologico del fenomeno, perché quello stencil, o perché quel disegno, o ancora perché quel poster raffigurante l’uomo darwiniano, piuttosto che additare questo o quello e scadere inevitabilmente nell’ovvietà, che poco incoraggia. Dovremmo assumere le sembianze di moderni Utterson, proprio come nella narrazione di Stevenson, personaggio, Utterson, che alle incongruenze del caso di Jekyll si oppose con una propria investigazione.

Ora, sarebbe esagerato, come ci invitano ripetutamente i media,  sottrarre alla nostra giornata del tempo prezioso, figuriamoci poi per scrutare misteriose raffigurazioni, ma se lo facessimo soltanto per cultura? Napoli è una meta per writers e street artists. Napoli è una capitale, addirittura un artista come Banksy è stato a Napoli, ma non è stato a Roma. Zilda, altro famoso streetartist francese, è rimasto affascinato dalla cultura napoletana, di quella Napoli non bagnata dal mare.

Perché non si faccia confusione, è facile qualora ci si trovasse a brancolare nel buio di una fredda serata, è ora doveroso fare una precisazione sostanziale, di concetto, più che di mero stile artitistico, tra writing e street art. Mentre il writer potrebbe parlarti della bellezza o, se vogliamo, della difficoltà nel dipingere un vecchio vagone, lo street artist, quale io sento di definirmi, cerca piuttosto di interagire col cittadino nella città. La ricerca del posto è differente, come la filosofia, anch’essa totalmente differente. Personalmente nasco da un mondo, quello del writing, dal quale ora mi sto distaccando. La moggior parte degli street artists odierni ha iniziato col writing. Ci sono pittori che hanno deciso di utilizzare come supporto le superfici che la città offre, ma restano pittori. Non appartengono al mondo dei graffiti, non sanno come utilizzare una bomboletta. Il passo poi, dalla strada al museo, è breve. Un che minimo senso, essenza se così vogliamo chiamarla, di protesta, di contrasto tra ciò che si rappresenta e colui che osserva viene a cadere.

opera raffigurante un volto

Il senso mitico e sotterraneo dell’opera viene a cadere, e così, irrompendo prepotente lo spirito innato di commercializzazione dell’uomo occidentale, tutto viene a cadere nel vorticoso fluttuare della globalizzazione. Inevitabile conseguenza o vizio di vanità? Ci sono artisti internazionali, che, in un primo momento collaboravano come grafici per delle testate, e successivamente dalla propria bravura hanno saputo ricavarne del successo. Dalla parete alla galleria il salto è breve. Riesci a farti notare molto più facilmente.
C’è chi sfrutta la strada come vetrina per entrare poi nelle gallerie e chi sente l’esigenza di restare, qui in strada.

Con Elis ci infiliamo in una stretta traversa, mosaico dei generi più disparati tra writing e streetart. È lì il suo tempietto, il suo vero e proprio studiolo, una vera e propria bacheca a cielo aperto, sulla quale testare nuove tecniche o proporre nuovi soggetti. La strada di sicuro apprezzerà.  La visione borghese è ormai distante anni luce dai nostri occhi. Indica lo stencil, da lui eseguito, raffigurante un senzatetto. La riproduzione dell’immagine è stupefacente. Se da vicino l’immagine appare per quello che è, la riproduzione fedele, senza romanticismi, di un emarginato, uno sguardo più distante tende degli scherzi: il giogo tra colori vivaci e linee diagonali, volute nella produzione dello stesso stencil, spinge ad un’inevitabile confusione del senso della vista. Le linee si accavallano e mescolandosi provocano una leggera sensazione di stordimento. Indubbiamente un disegno in strada, in un posto giusto, può essere molto più comunicativo di una tela. La scelta del luogo è fondamentale. Ci sono comunque delle regole relative alla scelta, come non toccare i monumenti. L’arte quando è tale dal mio punto di vista non ha bisogno di essere riqualificata. Cadiamo ancora nella fatidica domanda, quanto possa esserci di illegale in un progetto di riqualificazione. E anche laddove non vi sia l’esigenza di un restauro nasce spontanea la critica, inevitabile intorno ad un’opera.  Il writing o la street art, quello che ai nostri occhi per un vicolo passa come tangibile, palpabile, non sono che la punta dell’iceberg del sommerso napoletano, che noi proviamo a definire underground. C’è una nuova Napoli sotterranea da svelare, non per questo meno misterica. Ancora una volta alla prossima parete.

opera raffigurante un cuore

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