Ernesto de Martino è stato il più grande antropologo italiano. La sua ricerca ha raccontato al mondo un meridione magico, isolato e misterioso.
«Che esista una questione meridionale, nel significato economico e politico della parola, nessuno più mette in dubbio. C’è fra il nord e il sud della penisola una grande sproporzione nel campo delle attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel genere della produzione, e, quindi, per gl’intimi legami che corrono tra il benessere e l’anima di un popolo, anche una profonda diversità fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale.»
Giustino Fortunato, Il Mezzogiorno e lo stato italiano (1911)
Un nuovo approccio alla questione meridionale
De Martino scrive nel secondo dopoguerra, quando la questione meridionale era una tematica ancora molto viva. Le differenze tra Nord e Sud erano evidenti sotto il piano della produzione industriale, ma anche in quella culturale. Il Mezzogiorno appariva al suo interno come una galassia di storie, facce e mondi isolati. Se le città, prima fra tutte Napoli, erano luoghi dove la modernità incontrava la tradizione, le aree rurali presentavano un volto parecchio diverso.
L’analisi di de Martino è un contributo allo studio della storia religiosa del Sud intesa come nuova lettura della questione meridionale. Prima di de Martino il materiale folkloristico-religioso era considerato una testimonianza dell’arretratezza morale ed intellettuale delle genti del Sud. Dopo de Martino la dimensione storico-religiosa è divenuta oggetto fondamentale dello studio della realtà meridionale.
De Martino e il Sud magico
L’estremo isolamento delle campagne meridionali fu oggetto di studio di Ernesto de Martino, il quale dedicò gran parte dei suoi sforzi di ricerca allo studio sul campo del folklore del Sud. Il quadro che de Martino ha lasciato ai posteri è quello di un mondo fuori dal tempo. Un universo impenetrabile avulso dalle trasformazioni industriali e dalle ideologie moderne. In questo spazio originario e puro, de Martino osservò come si fossero mantenute intatte delle tradizioni legate ad un’interpretazione arcaica e misteriosa del reale. Il Sud era ancora un mondo magico.
La magia come protezione della presenza
Nell’opera demartiniana la nozione di magia si lega al concetto di presenza. La presenza è l’esserci nel mondo, è la capacità dell’uomo di auto-rappresentarsi come un essere autonomo, è la sua identità. Quando il flusso degli eventi fa in modo che sulla volontà umana prevalga il negativo, come in occasione di un lutto di una persona cara, c’è il rischio concreto di perdere la presenza. Per de Martino la crisi della presenza è la sensazione di perdere il controllo dei propri gesti e farsi “eco del mondo“. La magia ha valore fondamentale poiché è lo strumento principe che hanno da sempre le comunità per proteggere la presenza dal rischio del suo annientamento. Questo perché attraverso la magia l’uomo immagina di avere capacità trasformativa sul mondo e rinvigorisce la propria fiducia nella forza dell’individualità umana.
Il morso della taranta
Esempio del valore profondo delle pratiche magiche del Sud è il tarantismo pugliese. Per tarantismo si intende quella condizione patologica che colpisce tradizionalmente delle giovani donne in determinati periodi dell’anno e che il pensiero magico ricollegava al morso di una taranta. Per curare tale condizione, le donne erano sottoposte a rituali coreutici nei quali la danza sfrenata stimolava la reazione del ragno, che essendo “oggettivato” abbandonava il corpo.
De Martino affronta le pratiche magiche sopravvissute nel meridione approcciandole in maniera inedita. Innanzitutto porta avanti un lavoro diretto sul campo e si avvale di una equipe di ricerca. Il lavoro congiunto di etnologi, psichiatri, psicologi, fotografi e musicologi è infatti fondamentale per analizzare i fenomeni rituali in tutte le loro forme. Altra grande novità sta nel voler approcciare tali fenomeni non solo in maniera positivista, indagando cioè se il tarantismo sia una vera patologia, ma in senso storico, per capire il valore profondo che il rito ha per il territorio e per la comunità.
In questo senso il tarantismo salentino assume un senso nuovo e profondo. De Martino non si limita a determinare l’impossibilità della relazione tra il morso del ragno e la malattia. Capisce che il tarantismo è una protezione rituale che può essere compresa solo tenendo conto dei valori originari e misteriosi di questo Sud magico.
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