Un attore versatile, che sa spaziare dal registro comico a quello drammatico
Lo abbiamo conosciuto sul web nella serie de Gli effetti di Gomorra sulla gente, con i The Jackal. Il geniale talento comico di Fabio Balsamo, però, ha una storia ed una formazione attoriale di tutto punto alle spalle. Dal temperamento lucido e tutt’altro che gratuitamente comico, Fabio si definisce una sorta di operaio della recitazione, con giornate di lavoro regolari e dure, e ben poche velleità divistiche.
Suo approccio alla recitazione è l’assoluto bisogno di non fossilizzarsi in un ruolo, ma di dotarsi di un metodo che permetta malleabilità su ogni lavoro, sia comico che drammatico. E, per quanto la sua versatilità gli permetta di guardare a 360°, la sua natura è per lo più teatrale. Per farlo intendere la dice franca: “Se il cinema è del regista, il teatro è degli attori”. Ma quanto è difficile uscire però dai personaggi? “Il 50% è colpa dell’attore, l’altro 50% del mercato – argomenta Fabio – e l’attore deve fare attenzione a non marciare troppo sul personaggio, altrimenti le persone cercheranno quello piuttosto che l’attore”. Infatti diversi registi dal lungo sguardo, come Emanuele Palamara, hanno fiutato il ventaglio espressivo di Fabio affidandogli un ruolo drammatico nel corto Uomo in mare, storia di un testimone di giustizia lasciato solo dallo Stato; oppure ancora nel corto di prossima uscita Beagle, incentrato sulla tratta degli organi dei bambini.
Lo riconoscereste ora? E ancora: le ferme convinzioni attoriali di Fabio vengono dal fatto che fare l’attore sia un’esigenza, non solo una scelta o una condizione. O farlo per la voglia di esprimersi, o non farlo affatto. Man mano che ingrana la sua carriera – ha appena terminato un cameo nella fiction Sirene per la RAI – si fanno più palpabili in lui convinzioni di forte vocazione civile e sociale dello spettacolo, che vanno perfettamente a braccetto con una tosta cultura letteraria e teatrale. Altro lavoro prossimo a venire alla luce è il film dei The Jackal, Addio fottuti musi verdi, che promette ben altri toni e luoghi rispetto alle produzioni dei videomakers napoletani viste finora. A proposito di attori presi a modello, invece, il posto d’onore è per Toni Servillo – che imita perfettamente – che Fabio analizza minuziosamente, studiandone la tecnica vocale, ripresa dalla lirica, e le movenze: “Io non credo agli idoli – dice – ma ci sono alcuni uomini che ispirano proprio”.
E ha ragione. Perché stima che una formazione attenta, un approfondimento di mimesi totale, possano portare ad ampissime soddisfazioni. E questo perché, per Fabio, il teatro è – cito letteralmente – “estetica combinata alla morale: ed ecco perché è morto. Occorre difendere uno spettacolo di coinvolgimento e non solo d’intrattenimento, anche se non sempre il mercato lo permette. Il teatro deve o saper far ridere di gusto e con smalto, o altrimenti turbare l’animo e scuoterlo. Un buon attore – continua – non butta anni di studio per farsi deridere ma vuol ridere col pubblico, essendo il suo un mestiere sociale”. Il codice di Fabio è tutto qui: “Attore è anagramma di Teatro. Cambia solo la disposizione delle lettere”. Su questa pista, c’è da scommettere che lo vedremo brillare molto alto nel panorama degli attori napoletani. Solo, sperando non troppo lontano da Napoli.