Fabio Mauri al MADRE: “Retrospettiva a luce solida”

Dal 26 novembre scorso il museo di arte contemporanea Donna Regina (il Madre) ospita una mostra retrospettiva dedicata al maestro Fabio Mauri, a cura di Laura Cherubini e Andrea Viliani. Quasi l’intero Novecento è rappresentato attraverso gli occhi dell’artista romano, uno tra i protagonisti delle avanguardie post-belliche, dal linguaggio plurimo — creatore di manufatti, scrittore, drammaturgo — e sperimentale — installazioni, proiezioni, dipinti, elaborazioni fotografiche etc.

L’esposizione si sviluppa tra il terrazzo, il terzo piano, il primo, il mezzanino e il piano terra del museo, a seconda della suddivisione tematica. Il terzo piano è allestito per lo più con le sperimentazioni di ricerca a carattere concettuale, con particolare richiamo alla situazione dei media italiani negli anni ’70 e alla retorica delle immagini, con un meta-richiamo cinematografico a “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini.

Diversi ambienti sono dedicati all’ispezione delle immagini cinematografiche nelle loro qualità prime, come si volesse decostruirle dal loro montaggio in forma di pellicola e sottoporle in frammenti inorganici, attraverso varie installazioni che partono dal concetto tradizionale di cinema, come “Piccolo cinema”, sorta di micro-cinema dal soffitto speculare, fino alle varie sperimentazioni di “Cineart”, dove il supporto innaturale su cui è proiettata l’immagine prova a farsi immagine essa stessa, irruvidendo il flusso di fotogrammi in qualcosa di altro dalla neutralità del telo da proiezione.

Gli esperimenti sono condotti proiettando, ad esempio, su di una bilancia, un ventilatore, una cassettiera d’archivio e perfino un secchio di latte. A proposito di elaborazione fotografica, una menzione va al ritratto fotografico di Frank Sinatra, scollato dal fondale e riadattato — quasi consacrato, nella sua forma di icona — nel fondale bianco, neutro. Ancora sul terzo piano sono presenti alcune delle opere di riflessione sulla retorica ideologica dei fascismi: come il quadro di metallo che dichiara di essere “ariano”, e così il taglio di vetro autocertificato di “razza pura”.

Le installazioni sono intervallate da spazi di proiezione tout-court o da sperimentazioni quasi teatrali, come la “Luna”, sorta di scenografia in polistirolo in cui Bruni finge la brulla superficie del satellite. Al primo piano, un canale di camere oscure presenta un flusso di diverse proiezioni, i cui temi sono tutti legati allo svisceramento del fondamento ideologico nazi-fascista, che riprende poi massimamente nel piano terra.

È infatti qui che le idee migliori dell’artista prendono corpo, in una sorta di sacrario della derisione riflessiva e sistematica delle conseguenze della dittatura, ma anche nella loro denuncia pura e disincantata. Di quest’ultimo punto, tre almeno le opere da segnalare. Anzitutto la coppia di denti d’ebreo, cinti da un ponte odontotecnico, in bella vista sul piedistallo che apre la sala: simbolo dello sfruttamento estremo, anche post-mortem, di tutti quei “materiali di risulta” del genocidio, che potevano essere “riciclati” in qualche modo.

Poi, il “Libro della manipolazione della cultura”, edizione fantoccio dei manuali dell’ideologia, che schernisce gli assunti prêt-à-porter della dottrina. Infine, il “Muro del pianto occidentale”, installazione di un muro vero e proprio di vecchie valige, simbolo della fuga o della deportazione coatta ebraica. Nella medesima sala, però, diverse altre sono le opere che fanno dell’ambiente un sacrario della contestazione. Tra queste, la serie fotografica della “Ideologia e natura”, con una giovane donna che si sveste e riveste della sua divisa, ed in cui è possibile ritrovare solo nello scatto della piena nudità quel ritorno alla natura oppressa dalla costrizione di essere non secondo la propria volontà, ma secondo la propria uniforme.

Posto d’onore — anche fisicamente — spetta alla maxi installazione del “Gran consiglio”, vera e propria messinscena di una seduta del Consiglio dei Ministri del governo fascista presieduto da Mussolini, con l’intera schiera dei convenuti a grandezza naturale, e con traccia sonora in sfondo. La mostra è distesa su temi a metà tra la ricerca intellettuale assoluta e la denuncia dei sistemi totalitari, tarata in un riassunto dunque duplice dell’attività figurativa di Mauri, e che, proprio per i suoi temi riconoscibili e i suoi colpi d’ala toccanti è ben disposta all’accoglienza di un pubblico il più vasto possibile, e non solo per “gli addetti ai lavori”.

 

Fabio Mauri

“Retrospettiva a luce solida”

Museo MADRE

Info e prenotazioni

081 19313016 / http://www.madrenapoli.it

 

 

Fotografie: Amedeo Benestante

Si ringrazia Luisa Maradei

 

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on email
Share on telegram

La nostra rivista
La nostra
rivista
L’Espresso Napoletano diffonde quella Napoli ricca di storia, cultura, misteri, gioia e tradizione che rendono la città speciale e unico al mondo!

SCELTI PER TE