È stato un pittore italiano, dell’epoca barocca, particolarmente attivo a Napoli, sua città natale.
Fabrizio Santafede fu allievo dell’artista senese Marco Pino. Tra il 1580 e il 1600 i suoi dipinti risentirono dell’impronta manierista tosco-romana, calibrata e addolcita negli anni da un recupero di modelli lontani nel tempo, tanto da fargli meritare il “plauso universale, sì che ne fu chiamato il Raffaello napoletano”. Nel 1593, il pittore eseguiva per la cappella Medici di Gragnano, nella chiesa napoletana dei Santi Severino e Sossio, la ben conosciuta tavola della Madonna col Bambino e i Santi Benedetto, Mauro e Placido. Le molteplici esperienze formative del pittore, da Marco Pino a Raffaello, fino al manierismo internazionale, neo-parmigianesco di Francesco Curia,paiono qui raggiungere una loro organica confluenza, con un livello elevatissimo di qualità. Osserviamo i personaggi inseriti in una equilibrata scenografia, di poche e solide figure formalmente atteggiate in primo piano, che non lasciano alcuno spazio ad elementi secondari quali il paesaggio. È chiaro che siamo di fronte ad un tentativo di interpretare le immagini sacre con serietà espressiva, ma in modo oseremo dire quotidiano, molto vicino alla religiosità dei devoti. In seguito, Santafede si avvicinò allo studio dell’opera del Caravaggio e a quella di altri toscani come Santi di Tito e Domenico Crespi detto il Passignano. Nel 1603 e nel 1608 gli furono commissionate due opere per il Pio Monte della Misericordia di Napoli, Gesù in casa di Marta e Maria e San Pietro resuscita Tabitha.
Tra le altre tele di rilievo vanno menzionate L’incoronazione della Vergine (1601-02) nella Chiesa di Santa Maria la Nova, la Madonna e Santi (1606) a Monteoliveto, e le opere commissionate da privati come I figli di Zebedeo davanti a Cristo (1625) ai Gerolamini e la Lavanda del Bambino, opera menzionata da Bernardo De Dominici nel 1742. Lavorò anche in altre città dell’Italia meridionale e in Spagna. Fra i suoi allievi vi fu Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa.