“Favola Nera”, il nuovo album di Tommaso Primo “Le mie canzoni toccate dalla chitarra di Bob Geldof”

Quarto album per il tropicalista napoletano Tommaso Primo che dopo un crescendo di consensi per i suoi precedenti lavori confeziona sotto la direzione artistica di Giuseppe Spinelli e la produzione di Area-live e Graf srl “Favola Nera”, nove tracce, impreziosite dalla copertina a cura di Francesco Filippini, nate e cresciute tra i vicoli scuri dei Quartieri Spagnoli, le strade periferiche di Napoli est e le atmosfere grigie della capitale albionica dove il musicista ha dimorato per sette mesi (nella casa del produttore di Geldof) venendo a contatto con una città multietnica e musicalmente vivace. 

L’Espresso Napoletano ha intervistato l’artista, in procinto di partire per un lungo tour.

Favola Nera è una vera e propria discesa agli inferi delle periferie napoletane e del mondo intero. Come nasce il tuo quarto lavoro?

“È un disco figlio di un percorso di vita che mi ha insegnato come sia possibile imbattersi in piccoli angoli di paradiso pur calandosi nell’inferno. È un lavoro nato in un momento un po’ oscuro della mia vita, in cui masticavo dell’arte che mi conduceva dritto verso sensazioni forti dell’animo. Sono stato potentemente ispirato dalla letteratura di Curzio Malaparte, di Peppe Lanzetta, dalle opere di Annibale Ruccello, dalla musica del teatro-canzone di Raffaele Viviani e da quella degli Squallor. Tutti riferimenti ad una Napoli spinosa e un po’ celata, la stessa in cui si sono immersi i maestri ai quali mi sono ispirato.

Brani come “Cavalleggeri è New York nella testa di Laura”, “Vico Pace”, “Femmina” affrontano temi sociali di grande impatto come il degrado delle periferie, gli abusi sui bambini, la condizione della donna. Perché questo interesse così forte al sociale?

 “Credo che la musica abbia un ruolo molto importante nell’incidere sulle coscienze delle persone. Oggi viene spesso usata come sottofondo nei centri commerciali o per vendere t-shirt mentre io sono fermamente convinto che debba ritornare a rivestire il suo ruolo originario: accompagnare i cambiamenti di una generazione. Per questo cerco di guardare e raccontare le criticità dei nostri tempi e le cose che vorrei cambiare. Nel mio piccolo provo a far prevalere il pensiero sulla vanità”.

Nel tuo disco troviamo tante sonorità: la tradizione popolare, le sonorità similtropicali e talvolta qualche atmosfera lunare. Come riesci a metterle insieme?

“Ogni disco che faccio è diverso l’uno dall’altro. È difficile mettere insieme tutte queste sonorità nei live, quindi, cerco un filo conduttore che ripercorre tutte le canzoni e dedico uno spazio a ciascuna di queste anime sonore. I concerti sono sempre ricchi di tutti questi spunti cosicché in ogni serata c’è sempre la parte acustica insieme all’elettronica e per i live del nuovo tour ci sarà anche una new entry, la violinista Stella Manfredi”.

E ci sono anche varie collaborazioni di pregio come quella di Peppe Barra, di Dario Sansone dei “Foja”, di Roberto Colella dei “La Maschera”, di Denise Capezza ed altri. Come li hai convinti a raccontare con te la tua Favola Nera?

“Diversamente dal disco precedente in cui ero da solo, in Favola Nera ho voluto circondarmi di amici stimati. In realtà è stato proprio il senso del disco a convincerli, è bastato davvero poco per fargli accettare la proposta. Ad esempio con Roberto Colella abbiamo realizzato il brano Madonna Nera a cui hanno partecipato le ragazze costrette ai bordi di via Argine, un’esperienza molto forte per tutti”.

Guardando proprio a “Madonna Nera”, è evidente che il tuo disco non nasce in studio ma sulla strada.

“Sì, nasce come si dice a Napoli miez ‘a via. Una scelta precisa, motivata dal fatto che mi turba e mi disturba l’ipocrisia da cui siamo circondati: si parla tanto di uguaglianza, di lotta a tutti gli -ismi ma sono discorsi spesso più estetici che sostanziali. Alcuni brani nascono da fatti di cronaca, come ad esempio Vico Pace: di questa vicenda mi ha molto colpito il fatto che delle cose terribili siano accadute a pochi passi dalla Questura; così come mi ha colpito l’umanità incontrata a ridosso della stazione e nella poco distante via Argine dove oltre alle vittime della tratta ci sono anche ragazzini fuggiti da casa che vivono sul marciapiede, disposti a vendersi anche solo in cambio di esperienze. In tutte queste persone ho visto una luce più forte dell’oscurità che le avvolgeva”.

Qual è il brano a cui sei più affezionato?

“Mi piacciono tutti i brani, ma ad uno in particolare sono più legato “Cavalleggeri è New York nella testa di Laura”: parla di una ragazza, da me realmente conosciuta, che vive in un quartiere senza prospettive e dal quarto piano del suo balcone di casa vede il mare in lontananza. Intorno a lei l’oceano di cemento e sullo sfondo il mare che le indica un obiettivo da raggiungere, una porta aperta. Confesso che ho utilizzato questa storia anche per parlare un po’ di me, soprattutto della mia insofferenza verso alcuni aspetti della cultura del popolo napoletano tendenti al trash. Io sono tifoso di un’altra Napoli, quella che resiste”.

Link al video “Cavalleggeri è New York nella testa di Laura”

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