Gatta Cenerentola è un film d’animazione italiano del 2017, diretto da Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone, ispirato all’omonima fiaba di Giambattista Basile e all’ opera teatrale di Roberto De Simone.
Dario Sansone, uno dei quattro registi del lungometraggio, risponde alle nostre domande. Cantante del gruppo napoletano Foja, ha contribuito attivamente alle musiche del film che ne rappresentano senza alcun dubbio la mica salis.
Sono nate prima le musiche o i personaggi?
In sceneggiatura già c’erano delle canzoni che erano state scelte per il film, ma con il tempo la stessa sceneggiatura è cambiata molto. Le musiche riescono a interagire con le varie scene ma la materia, che è molto viva, cambia continuamente, finanche in fase di montaggio. Magari da un giorno all’altro cambiavamo idea e ci rendevamo conto che quello che volevamo era qualcosa di diverso. La musica e i personaggi sono dunque nati, potremmo dire, contemporaneamente, ma vi era un continuo overlapping tra le due fasi.
La musica è sicuramente una parte fondamentale del film, ma probabilmente è anche la fiaba che vi ha permesso di inserirla in tal misura; dunque perché la scelta di fare questo film?
La scelta della Gatta Cenerentola è stata inizialmente una scelta produttiva. La produzione ci ha portato la sfida di raccontare di nuovo una favola. Il nostro modo di approcciarci era quello di raccontare una favola millenaria utilizzando un codice differente: quello dell’animazione. La Cenerentola del film, inoltre, ritrova l’aspetto dark che c’era nel personaggio originario di Cenerentola e che è andato perduto nel tempo. Si voleva anche far conoscere una versione della favola poco nota.
Se nella fiaba originale la gatta comunica, perché nel film è muta?
La nostra gatta rappresenta la città che a volte viene ammutolita, per sottolineare il contrasto tra la parte iniziale della storia quando la bambina parla e quella finale, quando non parla più.
Come si fa a creare un personaggio dal nulla?
È necessario immaginare ogni singolo aspetto del personaggio e andare anche oltre quanto appare nel film.
Il re è sicuramente uno dei personaggi principali del film e ha gli occhi di colori diversi, perché?
Nel primo carattere il re era ispirato a David Bowie e segnalava la duplicità del carattere. È infatti la bipolarità di questo carattere che lo rende unico, e viene evidenziata particolarmente alla fine del film.
Perché compaiono gli ologrammi?
Servono per raccontare eventi del passato, altrimenti chi guarda non avrebbe capito. La nave ha una sorta di coscienza e parla attraverso di essi. La nave è un teatro dove muovere i personaggi e serve per avere un ponte tra passato, presente e futuro. Una nave intrappolata in un porto che in qualche modo è già un trampolino di lancio, è il simbolo delle cose che rimangono bloccate alla città e non vanno avanti. La nave potrebbe partire ma sembra non avere sbocchi.
A un certo punto il re dice che ha scelto la città sbagliata. Allora, per quanto si cambia, la città di Napoli rappresenterà sempre un problema?
È una provocazione e un rischio che ci siamo assunti per la nostra città. Fin quando i napoletani non si rendono conto di avere una tradizione nobile con cui potersi confrontare giorno per giorno sarà difficile riscattare la città.
La gatta vive felice in quella che poi si rivela essere un’illusione. Il significato ultimo del film, dunque, è “fidarsi è bene non fidarsi è meglio”; potrebbe rappresentare la situazione di Napoli?
Il pensiero in realtà non c’era all’inizio, ma a pensarci questa idea potrebbe effettivamente richiamare alla mente la nostra città.
Francesca Vittoria, Barbara Tarallo, Luca Tamai