Solo un bambino quando scese in strada nella lotta per la liberazione di Napoli, Gennaro Capuozzo è diventato il simbolo delle Quattro giornate di Napoli
Con l’Armistizio di Cassabile del 2 Settembre 1943 l’Italia firma la resa incondizionata agli Alleati. Tale atto sancisce ufficialmente l’inizio della campagna d’Italia e della Resistenza nella guerra di liberazione italiana contro il nazifascismo.
A partire dall’entrare in vigore dell’Armistizio, con il proclama Badoglio dell’8 settembre, le forze militari italiane, a Napoli come in tutto il Paese, si ritrovano completamente allo sbando per la mancanza di ordini dai comandi militari. Molti degli ufficiali più alti in rango disertano a causa dell’incapacità di prendere in mano la situazione. Il controllo sulla popolazione viene, di fatto, lasciato in mano all’esercito tedesco.
È in questo contesto che a Napoli iniziano a crearsi i presupposti per l’insurrezione popolare che passerà alla storia come “Le Quattro giornate di Napoli” durante le quali la popolazione civile riuscì a liberare la città dall’occupazione delle forze tedesche. Sin dai giorni appena seguenti l’armistizio in città si verificarono vari moti di disordine e intolleranza verso i tedeschi. La situazione porta il colonnello Scholl, il 12 settembre, a proclamare lo stadio d’assedio. La rabbia, la mortificazione, il disprezzo per l’oppressore crebbero al punto tale da non poter essere più controllate. All’ennesimo rastrellamento della popolazione civile, il 27 settembre cinquecento uomini armati aprono il fuoco contro i soldati tedeschi e danno inizio ai combattimenti.
Le quattro giornate di Napoli sono oggi ricordate come l’eroico gesto di una popolazione stanca dei soprusi subiti che decide, con coraggio, di attestare la propria indipendenza a dispetto della paura della morte. Citando le parole di Luigi Longo: “Dopo Napoli la parola d’ordine dell’insurrezione finale acquistò un senso e un valore e fu allora la direttiva di marcia per la parte più audace della Resistenza italiana”.
Lo scugnizzo che combatté contro i carri armati
Appena dodicenne, durante le giornate insurrezionali di Napoli partecipò agli scontri sostenuti contro i tedeschi, dapprima rifornendo di munizioni i patrioti e poi impugnando egli stesso le armi. In uno scontro con carri armati tedeschi, in piedi, sprezzante della morte, tra due insorti che facevano fuoco, con indomito coraggio lanciava bombe a mano fino a che lo scoppio di una granata lo sfracellava sul posto di combattimento insieme al mitragliere che gli era al fianco. Prodigioso ragazzo che fu mirabile esempio di precoce ardimento e sublime eroismo. Napoli, 28-29 settembre 1943.
Noto anche con il diminutivo di “Gennarino”, Gennaro Capuozzo era un commesso napoletano la cui tragica fine divenne il simbolo di quelle sanguinose giornate.
Allo scoppio dell’insurrezione non ci fu distinzione di sesso, ne tanto meno d’età tra i rivoltosi. Se le donne ebbero un ruolo fondamentale, gli scugnizzi napoletani non furono da meno e si riversarono per le strade prendendo parte alla battaglia.
Gennarino prese parte alla rivolta combattendo in via Santa Teresa degli Scalzi, dove abitava con la madre ed i fratelli. Posizionatosi sul terrazzo dell’istituto delle Maestre Pie Filippini, iniziò dapprima a rifornire di munizioni gli insorsi per poi unirsi al fuoco lanciando bombe a mano contro i carri armati tedeschi. Durante lo scontro, viene mortalmente colpito dall’esplosione di una granata nemica.
La sua storia e il suo atto di coraggio, per cui gli fu attribuita la medaglia d’oro al valor militare, sono raccontati nel film “Le quattro giornate di Napoli” di Nanni Loy, in cui è interpretato da Domenico Formato. Oggi, in via Santa Teresa degli Scalzi, nel luogo in cui fu ucciso, una lapide lo ricorda. Con lui, ricorda tutti i napoletani che quel giorno morirono lottando per la propria libertà.