È stato letterato e filosofo, non certo scienziato, sebbene le sue potenti intuizioni cosmologiche gli consentirono di teorizzare un universo infinito ed eterno, senza centro, e una pluralità di mondi.
Quella mattina del 17 febbraio dell’anno domini 1600 a Roma, in Piazza Campo dei Fiori, il sole sorse e le fiamme presero il sopravvento sulla ragione. Era l’alba del giovedì grasso quando Giordano Bruno fu legato al palo, denudato, mortificato con la mordecchia ed arso vivo con la formula di rito “Comburatur usque ad moriatur”.
In questo modo il pensatore errante, inquieto e più affascinante del tardo Rinascimento pose fine ai suoi giorni. In questo prodigioso uomo di ragione si sono incarnati l’ingegno potente, la lucida immaginazione, la poetica, l’amore vigoroso per quanto vi è di bello.
Giordano Bruno è stato letterato e filosofo, non certo scienziato, sebbene le sue potenti intuizioni cosmologiche gli consentirono di teorizzare un universo infinito ed eterno, senza centro, e una pluralità di mondi. Bruno è stato l’illustratore e commentatore poetico delle teorie copernicane: nelle sue opere egli riconobbe valido ciò che ancora non era stato affermato, affermò ciò era stato solo intravisto. La sua laboriosa fantasia rappresentò il sistema copernicano, come lo conosciamo oggi. Il suo pensiero, che ispirò Keplero e Galileo, è traboccante di asserzioni modernissime: nel suo capolavoro del 1584, “La cena delle ceneri” non solo sostiene Copernico, ma delinea un universo nuovo; non si limita a porre il Sole, che gira intorno al proprio asse, al centro di un sistema di stelle fisse, arriva a intuire uno spazio infinito con infiniti mondi in evoluzione per un tempo infinito. Nel suo “De l’infinito universo et mondi” scrive: «Esistono innumerevoli soli e innumerevoli terre ruotano attorno a questi».
Una teoria che anticipa di secoli le scoperte degli astronomi, ma che in sostanza rende eterno l’universo, esclude l’idea di un Dio creatore. Il pensare e scrivere che la Terra da centro di un definito universo, oggetto determinato e favorito dell’azione creatrice di Dio, si fosse trasformato in un piccolissimo punto in un universo, determinava che l’uomo non era più al centro dell’Universo e rendeva le Scritture ed i dogmi come imperfette ombre di una realtà che la filosofia mostrava ben più grande. Con il suo pensiero il Bruno uscì dal cattolicesimo.
Era imprudente Giordano Bruno, poco accorto, sin dagli anni trascorsi a San Domenico Maggiore, manifestava apertamente le sue idee. Già a diciotto anni aveva incominciato a nutrire dubbi sulla Trinità ed incautamente ne discuteva con i correligionari. Il suo primo atto di ribellione fu leggere “Elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam, testo rigorosamente proibito dalla Chiesa, iniziarono le prime accuse di uscire dalla fede e richieste per atti ereticali. E fu così, che dopo undici anni trascorsi nella buio e nel silenzio della sua cella domenicana, accusato d’eresia per la transustanzazione e la verginità di Maria cautamente si allontanò da Napoli.
Incomincia il suo peregrinare in Italia e all’estero: Roma, Torino, Ginevra, Parigi, Praga, Londra, per ricordare solo alcune delle numerose tappe, che hanno scandito la sua vita. Sembrava che il destino non volesse si fermasse a lungo, Bruno era l’incarnazione del moto perpetuo.
La morte intellettuale di Giordano Bruno fu dichiarata nel 1592, quando, arrestato dalla Santa Inquisizione nella casa dell’infame Mocenigo, che lo aveva denunciato all’inquisitore di Venezia, Domenicano Giovanni Gabriele di Saluzzo, gli fu tolta qualsiasi possibilità di scrivere.
Il processo iniziò a Venezia, ma Roma reclamò la sua autorità. Bruno fu tratto dinnanzi al Tribunale della Santa Inquisizione. Lunga fu la lista delle eresie attribuitegli: il cardinale Bellarmino, sintetizzò l’accusa in otto proposizioni eretiche. Gli fu chiesto di abiurare, di fronte all’alternativa tra ripudiare il suo pensiero o morire, Bruno rispose: «non deve né vuole ritrattare, che non ha da ritrattare e che non ha materia di ritrattazione, e che non sa su cosa debba ritrattare».
Terminò così la burrascosa peregrinazione, e la sua vita tempestosa, dopo otto anni di incarcerazione e di processo, fu spenta tragicamente.
Forse è a uomini come Giordano Bruno che Voltaire ha dedicato il suo pensiero “è pericoloso avere ragione in questioni su cui le autorità costituite hanno torto”. La falena del pensiero libero arse alla luce dei suoi ideali.