Il Cristo velato è una delle sculture più riconoscibili mai realizzate. Il suo autore, Giuseppe Sanmartino, è però spesso omesso dalla lista dei grandi artisti italiani. Emerge in questa dinamica la capacità dell’artista di “nascondersi dietro il velo”, dando luce alla propria arte.
La storia dell’arte è segnata da una dialettica ben precisa. Quella del rapporto strettissimo, viscerale, tra l’autore e la sua opera. Il destino di fama e grandezza degli artisti è però temporalmente imprevedibile. Per questa ragione, è ormai nell’immaginario comune l’idea che la povertà in vita dell’artista possa essere riscattata dalla sua esposizione postuma. Modigliani visse e morì in estrema povertà. Chissà se avrebbe mai immaginato il suo Nudo sdraiato battuto all’asta per 157,2 milioni di dollari.
Tuttavia il caso del Sanmartino è diverso. Se siamo ormai abituati all’idea che un autore possa essere ignorato per secoli prima di una riscoperta delle sue opere, risulta meno comune il divario tra fama dell’artista e della sua opera. Quella del Sanmartino è un’eccezione illustre. La sua opera ha sempre stupito, la sua bravura è sempre stata sotto gli occhi di tutti. Eppure il suo nome ha risuonato meno di quanto avrebbe dovuto. Con questo non si vuole certo dire che lo scultore napoletano non abbia il riconoscimento degli addetti ai lavori, ma che la memoria dell’artista vive una situazione peculiare, per certi versi unica. L’autore del monumento simbolo di Napoli è rimasto “coperto dal suo stesso velo”. L’opera scultorea è talmente stupefacente da connettersi direttamente alle sfere della trascendenza. Non stupisce allora come non si plachi la forza della leggenda per cui il velo sia frutto di un trucco alchemico.
Nell’arte contemporanea, spesso l’artista è innanzitutto brand, esponendo il proprio nome come “bollino di garanzia” per le sue espressioni artistiche. Nel Cristo velato si osserva tutta la potenza dell’opera che trascende la mano dell’artista e si fa qualcosa di più. In questo senso, quello di Sanmartino è un merito incommensurabile. La sua tecnica sopraffina non ha avuto il fine di mettersi in mostra, bensì è diventata un mezzo per andare oltre. Schopenauer sosteneva la necessità di stracciare il velo di Maya per cogliere l’aletheia, la verità del non nascosto, ciò che c’è dietro al velo. La forza comunicativa immortale dell’opera di Sanmartino è la prova di come, nascondendosi dietro il velo, abbia colto nel profondo la verità.