In una città con più di cinquantadue patroni, San Gennaro in testa, pare davvero difficile che il diavolo possa averci parte. Eppure è così. E non stiamo parlando del mitico accesso agli Inferi dal Lago d’Averno e nemmeno delle fantomatiche tombe di Dracula o della furia da curva nelle domeniche di campionato, ma del gran nemico dantesco: Satana ‘in persona’. In una Napoli religiosissima quanto pagana, dove la superstizione va col Rosario ed il consulto dallo stregone con quello dal medico, è ancora troppo facile smarrire l’orizzonte della realtà.
La spiegazione più facile (e forse più appropriata) potrebbe giungere da livelli di istruzione ancora talvolta sommariamente bassi, dal relativismo etico contemporaneo o dal senso di precarietà e di non possesso della propria vita, figlia di secoli di obbedienza, oltre che da una radicata convinzione “misterica” che, col fascino salvifico della magia, sostituisce la lucida ma troppo spesso dolorosa arte del ben vivere. Sta di fatto che il diavolo viene inteso come entità tangibile, come attore influente della vita, alla pari con le divinità di qualsivoglia confessione.
La questione infatti non è l’operato di sette di sedicenti satanisti, legale o meno, bensì ciò che è mal segretamente riposto nelle pieghe dell’animo di chiunque. Dal punto di vista dottrinale, la Chiesa cattolica e la Diocesi napoletana danno un’intonazione ancora ‘personale’ al diavolo, ma la concezione mostruosa, di un essere in grado di possedere arbitrariamente un uomo, è superata in favore di un moderno e più scientifico senso di abbandono dell’uomo alla base di ogni male, quando la sua coscienza smette di vigilare aprendo la porta ad ogni possibilità oscura.
Dunque il satanismo e di conseguenza l’esorcismo sono anzitutto lo sforzo di guarire da ogni debolezza culturale e spirituale, per non lasciarsi governare da fantasmi che possono condurre anche alla follia. Cionondimeno il sito web della Diocesi napoletana segnala la presenza sul territorio di due esorcisti. Varie sono le note pastorali della Conferenza Episcopale Campana, volte ad esaminare la questione nel modo più semplice. Quella del 1995, ad esempio, pone subito il problema teologicamente più grave: il satanismo come fede compiuta. Essa è un ribaltamento simmetrico della fede evangelica, che si consuma ad esempio con «la profanazione di ostie consacrate, sottratte furtivamente, dietro compenso, dalle nostre chiese».
Il che significa, considerando anche tutto il corollario di oggetti liturgici “rubati” dal culto cristiano, suscitare una ancor più grande paura del diavolo quanto grande vorrebbe essere la difesa della fede, ma anche avvertire efficacemente tutte le vittime della credulità. Che, paradossalmente ma non troppo, sono spesso gli stessi credenti. Come reagire dunque? Ci si potrebbe immaginare fuochi purificatori o bagni d’acqua santa, ma la Nota prescrive attenzioni molto più meramente di buon senso: vigilare sulla vacuità dei riti religiosi o sulla formazione di devozioni popolari troppo spesso animate da “apparizioni”, “messaggi”, “profezie”, magari con presunti fenomeni soprannaturali. Vigilare perfino sui capi “carismatici” delle comunità di preghiera, che possono tranquillamente proporsi a santoni e chiromanti.
Ciò che resta affascinante per la trama di un romanzo ma ambiguo e un passo indietro rispetto alla scienza – ma che va tuttavia inteso come parte della fede – è la possibilità, secondo la Nota, che «Satana sia effettivamente in grado di influire sull’uomo con la tentazione e con l’azione straordinaria permessa in taluni casi da Dio». Inutile infilarsi in una questione spinosissima commentando il passaggio: sta di fatto che gli esorcismi sono oggi una pratica rarissima, dopo secoli, soprattutto al Meridione, in cui erano l’aspirina per ogni sintomo. Difatti, abbandonando per un attimo la scienza, che semplicemente non si pronuncia su ciò che non può spiegare, la Nota si inoltra nella definizione di esorcismo con la prudenza però della scienza stessa, dicendone che non è certo con un rito del genere che si espelle Satana, bensì con un’ordinaria vita di fede e di frequentazione dei sacramenti.
In altre parole, via l’idea che si tratti di un duello tra ‘potenze’. Ma la ‘magia napoletana’ comincia dove iniziano (anche per gioco) le seduzioni per i talismani, i tarocchi, i consulti dagli astrologi (soprattutto quelli con l’alibi dell’amico che lo fa pro bono). Di lì a credere che ‘il malocchio’ sia una forza reale e operativa è un attimo. Di lì a trovarsi svuotati di senno, di amore e di denaro è un istante. Forse è meglio mandare al diavolo certe cose.