Stefano Bianco ha 25 anni, una laurea in Economia aziendale, e gestisce, al fianco dei genitori Assunta Percuoco e Vincenzo Bianco, la Caffen s.r.l.; azienda di torrefazione del caffè che con il proprio ineccepibile prodotto delizia i palati di “mezzo mondo” – e non si fa per dire – toccando, nelle punte più estreme del proprio “planisfero commerciale”, il Canada, gli Stati Uniti ed il Giappone.
In barba a quanti pensino: “si fa presto a gestire l’azienda di famiglia…”, immaginando il prototipo del rampollo di una famiglia agiata, che passa dalla Micro Machines alla Maserati del papi senza fare troppo rumore, Stefano è un ragazzo avveduto, dalle azioni consapevoli, misurato, che ha scelto d’iniziare dalla gavetta. Facendo l’operaio per parecchi mesi, cercando di carpire così i trucchi del mestiere ha dimostrato una saggezza che quasi mal si addice ad un giovane sorridente e vivo come il nostro… indole che vagheggeremmo, piuttosto, ben calzata su di un maturo e risoluto sessantenne.
L’immaginazione, paradossalmente, spesso ci stupisce, quando con i suoi voli più arditi finisce con il passare radente alla realtà. Stefano Bianco, nei sue venerande 25 primavere, racchiude tutto lo scibile imprenditoriale di un’azienda che, proprio quest’anno, compie i sessant’anni di attività. Sin da piccolo, mano nella mano con il nonno, fondatore della pregevole realtà aziendale, trascorreva lunghe giornate inebriate dall’aroma della gustosa bevanda, all’insegna della scoperta dei segreti ad essa relativi. Gli esempi, i racconti, gli insegnamenti di Luigi Percuoco, istitutore della tradizione di famiglia, per il diletto nipote non erano mai abbastanza. Dopo averle sentite innumerevoli volte, Stefano avrebbe saputo ripetere a menadito le tappe fondamentali della vita di quell’uomo eccezionale tanto dal punto di vista professionale, quanto quello umano: dopo diversi anni trascorsi senza risparmiare sacrifici ed espedienti negli ambiti più vari – calandosi di volta in volta nei panni di parrucchiere, meccanico, o raccoglitore di patate e di carbone – il 3 dicembre 1955 il progenitore decise d’imprimere alla propria vita una svolta decisiva.
Da sempre innamorato del caffè, sebbene nessuno in famiglia gestisse attività riconducibili al settore, decise di aprire, in vico D’Afflitto, una piccola azienda che operava in completa autonomia: tostava il caffè con una modesta macchina che riusciva appena a lavorare pochi chilogrammi di grani, ma quel ridotto quanto prezioso risultato, serbato in apposite buste, era diffuso e apprezzato da alcuni bar del centro, dove il titolare si recava con il tram per portare a termine le consegne. La passione, abbinata alla grande serietà del signor Luigi, fecero sì che la piccola azienda si affermasse sul mercato, espandendosi: fu possibile, così, aprire una più grande sede in via Nuova Poggioreale, dove produrre maggiori quantità di caffè e confezionare la miscela macinata, destinata all’uso domestico.
“Nel 1987, con la perdita prematura dell’unico figlio maschio che aveva iniziato a lavorare con lui, io sono entrata in azienda – racconta Assunta Percuoco, figlia del fondatore e mamma di Stefano – Le parole di mio padre furono molto chiare e semplici, come era nel suo stile. Mi disse che sarei dovuta subentrare a mio fratello, poiché unica discendente rimasta; ci tenne a specificare, però, che, poiché ‘femmina’ era consapevole del fatto che non avrei potuto fare ‘grandi cose’, ma che la decisione era dettata più dalla necessità che dalla sua volontà”. Ad onta della lungimiranza che il patron aveva dimostrato nell’ambito degli affari, la giovane figlia smentì prontamente l’oscuro anatema indirettamente lanciatole e che, aleggiando torvo, sembrava potesse minarne il futuro imprenditoriale. Assunta, infatti, in 15 lunghi anni ha avuto modo di assaporare quotidianamente l’aspro gusto della “lotta”, senza perdere, però, mai la voglia di combattere e dimostrare quanto potesse valere.
Nei primi anni del duemila, con la stessa serietà che l’ha contraddistinta sin dagli inizi della carriera, Assunta dovette prendere una decisione importante, di quelle che pesano tanto sul cuore quanto sul futuro di chi le opera: “Nell 2001 papà ha avuto dei seri problemi di salute e abbiamo chiesto a mio marito, Vincenzo Bianco, di entrare in azienda per darci una mano. Senza esitare ha lasciato la sua precedente attività, a malincuore, certo, ma ci ha seguito ed è diventato parte attiva del nostro staff nel gennaio 2002. – gli occhi dell’imprenditrice mal celano una forte commozione, mentre ripercorre quegli attimi dolorosi – Purtroppo ad ottobre 2002 papà se n’è andato senza aver avuto il tempo di passare la propria esperienza ad Enzo”. Scomparso il signor Luigi, la Caffen non sarebbe stata né la prima, né l’ultima azienda a seguire le sorti del fondatore finito, se non fosse stato per la dedizione che prima i coniugi Bianco e poi il loro splendido figlio hanno dimostrato.
Proprio con l’inizio del nuovo millennio, infatti, l’azienda ha dato il via ad una campagna di conquista che l’ha vista ampliare la gamma dei prodotti, diffusi in tutto il mondo (ultime le destinazioni di Dubai e Città del Capo, raggiunte nel 2015). “Mio padre desiderava tanto poter vedere il nipote in azienda ma, purtroppo, non ce n’è stato il tempo” afferma contrita l’imprenditrice, svelando una remora che obnubila il giorno del sessantenario… almeno fino a quando giunge il sorriso di Stefano, e con lui il sereno.