Ci sono dei giorni speciali. Giorni per i quali la stessa memoria, quando se li ritrova al cospetto, sembra ribellarsi, scuotersi in profondità, perché anche solo a pensarli non riesce a contenere tutte le emozioni che ad essi si accompagnano. Giorni intrisi di dolore, di eventi dolorosi intrecciati che sembra non si possa riuscire in alcun modo ad arginare, quelli del 23 novembre 1980. Basta questa data a dire tutto di sé. “Chi si è salvato si è appeso alla mano di Dio”. Il fulmine nella terra, testo teatrale scritto da Mirko di Martino e interpretato da Orazio Cerino, sarà trasmesso da Rai 5, il prossimo 25 novembre in seconda serata. Quale miglior riconoscimento per uno spettacolo che costituisce un significativo esempio di teatro civile, e che ha riscosso in diverse città italiane un enorme consenso.
“Il testo – nato originariamente a più voci e trasformato in un monologo sette anni fa – ha risposto ad una esigenza biografica” mi riferisce Mirko di Martino, che di anni ne aveva solo cinque quando si è verificato uno tra i più violenti terremoti che abbiamo colpito il nostro paese. L’ho incontrato, insieme ad Orazio Cerino, al TRAM, il teatro che Mirko gestisce da meno di un anno, con un bilancio più che soddisfacente in termini di presenze e di gradimento degli spettacoli rappresentati. Nell’accogliente foyer del TRAM, in maniera semplice ed essenziale, vi è tutto ciò che ci si aspetta quando ci si reca a teatro. Mi colpisce l’organizzazione dell’angolo bar, completamente attrezzato nel quale ci si può servire liberamente al bancone, lasciando il corrispettivo economico. Libertà e responsabilità che, continuando poi la chiacchierata con Mirko, si rivelano le componenti essenziali della sua idea di teatro, insieme a una buona dose di coraggio, innovazione, originalità.
E loro, di coraggio, ne hanno tanto. Nel Fulmine nella terra, Orazio Cerino, unico attore in scena, interpreta magistralmente un monologo durante il quale, alle toccanti parole, fa da sfondo una rievocazione sonora del tempo in cui è ambientata la storia, rievocazioni incisive che non sono né troppe né troppo poche, in un equilibrio che riempie le giornate di quelle abitudini, di una certa musica e delle risonanze che tutto ciò provocava. Mirko vuole condividere, scrivendo un testo teatrale, alcune situazioni vissute, quali ad esempio il giocare tra casette prefabbricate o ascoltare di località ricostruite dopo il terremoto con modalità architettoniche di tale modernità da non lasciare spazio se non ai fantasmi di una vecchia piazza, un bar, un tavolino intorno al quale gli anziani del luogo giocavano a carte… fino ad un attimo prima della scossa. E come loro, tanti, troppi! “Nella partita si vince e si perde, si sa…” E la vita? È una tuta a strisce colorate che indossava Heather Parisi, sono i brani musicali dell’epoca, lo svago della domenica pomeriggio.
Ma la storia lascia sempre dei vuoti. Come nel telefono senza fili al quale abbiamo giocato da bambini, la stessa frase, passando da una bocca all’altra, cambia significato. In un tempo in cui parlare di emozioni appare inflazionato dal linguaggio dei social, che sembra privarle della loro autentica natura per trasformarle in grossolani falsi d’autore, il Fulmine, come altri spettacoli realizzati da questi giovani artisti, anche per le scuole, in italiano e latino, restituisce l’idea di un teatro nel quale lo spettatore è vivo, respira, collabora, si emoziona e raccoglie la sfida completando i tasselli a proprio modo. In primis quello dedicato a Van Gogh che accompagna la mostra multimediale che si tiene in città in questi giorni. È davvero una bella notizia il fatto che la Rai abbia scelto di trasmetterlo proprio in questi ultimi tempi che hanno visto diversi eventi naturali disastrosi ai quali si accompagna, tanto nelle vicende individuali quanto in quelle collettive, un prima e un dopo e un durante. E possibilmente un dopo migliore!