Il mandolino trova casa

“Prendersi cura del mandolino e diffonderne la cultura, è come avere a cuore un monumento della città” così sintetizza Mauro Squillante – musicista da oltre due decenni, maestro e Presidente dell’Accademia Mandolinistica Napoletana – il senso della sua passione, trasformata in un lavoro, che lo ha potato insieme a Leonardo Massa a dare una dimora fissa ad uno degli strumenti a corda più famosi al mondo. La Casa del Mandolino, è importante precisarlo, non nasce da un’iniziativa isolata ma da un percorso iniziato circa venticinque anni fa dal maestro Squillante, folgorato sulla via di un concerto di Sergio Bruni, che attraverso l’Accademia ha inteso recuperare la tradizione del mandolino napoletano e farlo rivivere come strumento principe della tradizione colta, sfruttando cioè la versatilità dello strumento stesso che, pur essendo popolare, fu omaggiato anche dai grandi della classica come Vivaldi, Beethoven e Mozart che lo inserì addirittura nel Don Giovanni.

“Una dimora in via Duomo – spiega Mauro Squillante – che ha anzitutto un valore simbolico perché restituisce dignità ad un pezzo di cultura della nostra città, e un valore pratico in quanto nella neonata casa intendiamo fare concerti, formazione, organizzare mostre, insomma, promuovere quanto più possibile l’arte del cordofono napoletano, amatissimo all’estero”. E in questo senso l’Accademia ha dato un contributo davvero importante a Napoli, affrancando lo strumento dalla fastidiosa immagine oleografica della città e proponendolo come elemento identitario di una cultura antica delle cui radici era necessario riappropriarsi. Basti pensare che oltre venticinque anni fa, il conservatorio di Padova era l’unico ad avere attiva una cattedra di mandolino. Quelle di Napoli, Palermo, Benevento, Salerno e Bari sono venute tutte molto dopo e grazie al fondamentale interesse di Mauro Squillante. Ma lo strumento con cui Maria Carolina d’Asburgo, sposa di Ferdinando IV di Borbone, si volle far ritrarre nel dipinto i Cantori di Posillipo di Pietro Fabris non appena entrò nel Regno di Napoli, è stato rivalutato anche e soprattutto fuori dai confini nazionali. Molte sono infatti le esibizioni che i mandolinisti della nostra accademia hanno tenuto nel mondo, da New York a Colonia passando per Nantes, Stoccolma La Paz, per non parlare delle altrettanto numerose incisioni discografiche, alcune delle quali in collaborazione con la Rai. Un patrimonio che va detto, con una punta di amarezza, ha suscitato per molti anni più interesse all’estero che non nella città dove si è nutrito ed è cresciuto, anche se negli ultimi anni la tendenza sembra invertirsi.

“Devo dire – ha dichiarato il maestro Squillante – che da parte dell’Assessore alla Cultura del Comune di Napoli, Nino Daniele, c’è attenzione verso l’Accademia e sostegno al lavoro di diffusione culturale che stiamo portando con fatica avanti. Basti pensare ad esempio alla Notte dei mandolini che ormai è un appuntamento fisso nella serata di S. Lorenzo”. Certo, per il cordofono più osannato al mondo bisogna fare molto di più, soprattutto se si considera che quasi tutti i college giapponesi dispongono di un’orchestra mandolinistica mentre in Italia lo strumento resta ancora escluso dall’offerta formativa scolastica, e che due anni fa la Corea ha ospitato in pompa magna il festival del mandolino napoletano. Uno scuorno insopportabile per una città in cui la musica riempie letteralmente le strade e le vene di chi le percorre.

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