“La linotype è l’ottava meraviglia del mondo”. A dirlo fu Albert Einstein riferendosi alla leggendaria macchina tipografica che sul finire dell’Ottocento rivoluzionò il mondo della tipografia e dell’editoria consentendo considerevoli aumenti di produttività. Oggi queste macchine sono desuete, e se è raro poter ammirarne una, vederla in funzione è ancor più inconsueto.
Eppure, in un mondo come il nostro che corre sempre più veloce passando da un’innovazione tecnologica all’altra, osservare una linotype in funzione potrebbe risultare più semplice del previsto: basta andare in via dell’Anticaglia, 12.
Un gioiello nel cuore di Napoli
Lì dove un tempo sorgeva l’antico teatro romano dove si è esibito anche Nerone, tanto piccolo, quanto affascinante, il più piccolo museo del mondo della tipografia è un luogo che (scusate la banalità) appare senza tempo, come se le lancette dell’orologio della Storia si fossero improvvisamente fermate. L’artefice di questo squarcio di passato è Carmine Cervone e quello del tipografo è il mestiere che ha ereditato dal padre e che non ha mai voluto abbandonare. Una scelta che lo ha reso l’artigiano che fa della “tipografia classica” la sua passione, il suo lavoro, la sua vita.
Già solo osservando l’entrata dalla strada si rimane colpiti alla vista del minuscolo interno, scrigno della storia di una tecnica troppo spesso dimenticata. Nella sua bottega la composizione della pagina trascende l’artigianato e diventa vera e propria arte, tra caratteri mobili in piombo, torchi e macchine di inizio Novecento. Perché l’artigianato, di qualunque settore si tratti, nasce sempre da una forte attitudine creativa, dall’inventiva di un individuo e dalla sua capacità di mettere la mani a servizio dell’estro.
In un periodo storico in cui l’artigianato è in forte crisi, decidere di rimanere legati ad un concetto di stampa fatto di caratteri mobili e niente computer può sembrare a primo impatto anacronistico ma, paradossalmente, forse è il gesto più innovativo possibile.