Il vicolo – ‘o vico -, a Napoli, non è semplicemente il nome con cui si definisce la strada molto stretta. Il vicolo è una cultura, un “modo” di stare al mondo
Il vicolo non è soltanto quello che nel centro storico, ad esempio, corrisponde al cardo, la via lunga e sottile che interseca i decumani (usando le definizioni della città greco-romana). Sì, certo, ‘o vico è una viuzza. Ma è molto, molto di più del suo ruolo urbanistico. Il vicolo è un universo che ha le proprie leggi, un proprio modus vivendi che forma coloro che lo abitano.
Voci e richiami in una striscia di mondo
Esiste senza ombra di dubbio una cultura del vicolo, che è ben lungi dall’essere la cultura della malavita o la sottocultura della città de-scolarizzata. La malavita e la dispersione scolastica possono chiaramente trovare un rifugio nella grotta inaccessibile che è ‘o vico. Ma ciò non vuol dire che il vicolo sia la casa della delinquenza o dell’ignoranza. Questo lo diciamo con una fermezza critica di cui ci prendiamo ogni responsabilità.
‘O vico è clan (a livello sociologico), famiglia allargata le cui pareti sono quelle della viuzza. Il vicolo è linguaggio e identità. “Stà mpont’ ‘o vico!” avverte qualcuno, rivolto ad una madre che chiama a squarciagola un ragazzino. “Vaco pe ddinto ‘o vico!” spiega un’altra voce, per far comprendere la strada – conosciuta, sicura – che prende per arrivare da un punto all’altro del quartiere.
“Jesce dinto ‘o vico!!”, urlato decisamente con più violenza, è il richiamo preoccupato di un’altra madre che vede il figlio, ancora criaturo, superare i limiti geografici del gioco e del divertimento con i cumpagnielli: limiti che coincidono, neanche a dirlo, con quelli del vicolo-casa.
Il vicolo è sicurezza, è “cient’uocchie ca guardano”, è attenzione di tutti ai figli di ognuno. I vicoli a Napoli sono migliaia, ed ognuno ha una sua storia. Una storia lunga e complessa, perché ‘o vico è centro, non è periferia del respiro di Napoli. Ora sfioreremo la storia di quattro vicoli, una goccia nel mare nella “storia del vicolo napoletano”.
Vico del Fico
Si potrebbe cominciare da Vico del Fico al Purgatorio – nome straordinario, a sentirlo la prima volta – . Esso è un cardo di via dei Tribunali, e si “getta” verso via San Biagio dei Librai proprio di fronte alla chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio.
Vico del Fico è stato per decenni il vicolo della cultura e del teatro. Vi aveva sede, dietro una porticina bassa in legno, il mitico “Teatro Instabile di Napoli”, nato dall’instancabile lavoro di ricerca teatrale del compianto Michele Del Grosso. Inoltre, proprio negli appartamenti al di sopra del teatro – la cui platea era praticamente in una grotta, sotto il livello della strada – ha vissuto la scrittrice e femminista Fabrizia Ramondino.
Due occhi a guardia del vicolo
Da tanti anni, ormai, all’ingresso del vicolo c’è una imponente capa ‘e Pulcinella, dello scultore Lello Esposito. Essa pare dire, a chi varca la soglia del vicoletto, “nun tenè penzieri, ma…statte pure accorto”. Lo sguardo di Pulcinella è impenetrabile. Lui sa tutto, della città, e può permettersi pure di prenderci in giro.
‘A capa ‘e Pulecenella pare avere – separati dall’enorme naso – un occhio al vicolo e un altro alla chiesa delle anime pezzentelle, identificate nei teschi e nelle ossa presenti nei sotterranei della chiesa. Pulcinella sorride ai passanti che accarezzano e s’allisciano i teschi bronzei della facciata, sperando nella “buona fortuna”. Pulcinella fissa e sfotte. E si lascia coinvolgere in centinaia di selfie con i turisti, ogni giorno. Che pazienza!
Il vicolo “della speranza”
Cambiando di zona, eccoci nei Quartieri Spagnoli, vera infinita ragnatela di vicoli. Uno di questi ultimi è Vico Tre Re a Toledo. Un formicaio, brulicante della gente che scende “giù a Toledo” e di quella che “sale da Toledo”. Ma è soprattutto il vicolo della santa: Santa Maria Francesca dalle Cinque Piaghe.
Certe mattine c’è la fila, nel vicolo, sotto la “casa” della monaca Maria Francesca. Sono le ragazze che attendono di salire negli appartamenti della santa, e di sedere sulla sua sediolina di legno, che pare abbia il potere di realizzare il sogno di una gravidanza.
Vico Paparelle al Pendino
Uno dei vicoli più famosi di Napoli è ‘o Vico ‘e Ppaparelle al Pendino. La storia di questo vicolo non ha niente a che fare con papere, anatre o starnazzamenti. La vicenda reale è invece legata ad Aurelio Paparo, napoletano di nobili origini. Aurelio Paparo mise su una casa che accogliesse le donne sole e di basso ceto, esposte ad ogni pericolo. Le “paparelle” erano dunque le “donne di Paparo”. Il vicolo è stato immortalato da Salvatore di Giacomo nei versi di “‘O vico d’‘e suspire”. Questa viuzza piena di ragazze ne faceva vottà suspire ai giovanotti!
Vico San Liborio
Infine citiamo vico San Liborio alla Carità, dove hanno luogo le vicende del personaggio eduardiano Filumena Marturano, la ragazza prostituitasi giovanissima, che riesce a sposare il suo “cliente” Domenico Soriano, ricco commerciante. Più volte Eduardo ha sottolineato di essersi ispirato a una storia reale, accaduta proprio a “San Liborio ‘a Carità”.