Furono gli Eubei, antico popolo greco, a portare la vite nell’isola di Ischia. Ne è testimonianza la famosa coppa di Nestore ritrovata a Lacco Ameno, che riporta un’iscrizione che esalta il vino locale.
Altro riferimento all’attività enologica ischitana è l’antico nome “Aenaria” dato all’isola, che deriverebbe dal greco Oinaria, cioè terra di vino e di viti.
Nel 1500, quando si allevava soprattutto il Greco, ai vini dell’isola venivano attribuite qualità terapeutiche.
Ad Ischia ancora oggi troviamo sistemi di allevamento arcaici, come quello etrusco con sviluppo verticale della vite per rese abbondanti, o quello greco con pianta bassa ad alberello, per rese contenute e qualitative.
L’isola ha un clima mediterraneo tendente al temperato asciutto, che ben si addice alla viticoltura. A rendere eccellente il terroir ci pensano il libeccio e lo scirocco in primavera, le brezze estive da maestrale e la quasi assenza di gelate invernali. Infine il terreno è di natura lavica e tufacea.
La caratteristica dei vigneti è il terrazzamento, con l’uso delle cosiddette “parracine”, muri a secco di natura tufacea per le delimitazioni.
I vitigni locali sono: Biancolella, Forastera, Piedirosso e Guarnaccia. Il Biancolella, chiamato localmente Lanculillo, presenta un colore giallo paglierino: il profumo è fruttato e floreale con sapore secco e ammandorlato. Si abbina a piatti di pesce e formaggi delicati.
Il vitigno Forastera fu introdotto dopo l’avvento della fillossera verso la fine del XIX secolo. Si è ben adattato al territorio al punto di essere considerato autoctono, anche se il nome indica una provenienza sconosciuta. Di colore giallo paglierino, ha un profumo fruttato e un sapore secco. Come l’altro bianco si abbina a piatti di pesce.
Il Piedirosso è localmente chiamato Per’e palummo, per la somiglianza del colore del raspo con la zampa del colombo. Di colore rosso rubino intenso, ha un profumo delicato e vinoso ed un sapore morbido. Si abbina a carni rosse e formaggi piccanti.
La Guarnaccia ha un nome che fa pensare ad un’origine francese, cioè la Grenache, ma al massimo potrebbe trattarsi di un sottotipo, altamente mutato geneticamente. Più probabilmente risale alla colonizzazione greca del VII sec. a.C., con diffusione in Campania ma anche in Calabria. E’ rimasto un vitigno molto raro, spesso utilizzato per il taglio con il Piedirosso, perché con la sua acidità garantisce un discreto invecchiamento. Si abbina ai formaggi e alle carni. Tipico con il coniglio all’ischitana.