Cosa hanno in comune l’edificio della Fuji Television di Odaiba (Tokyo), la sede dell’American Medical Association di Chicago (USA), il Palazzo reale di Stato di Gedda (Arabia Saudita) e il Centro Direzionale di Napoli? La risposta è: l’architetto Kenzō Tange.
Durante la metà degli anni sessanta il comune di Napoli individuò un’area dismessa da poter utilizzare per la costruzione di un nuovo quartiere con l’intento di decongestionare il traffico cittadino. Furono presentati numerosi progetti, nessuno dei quali approvato, fino al 1982, quando l’intero piano di progettazione fu affidato a Kenzō Tange, architetto giapponese di fama mondiale che aveva già realizzato diverse opere in Italia, come il quartiere Librino di Catania e le torri del quartiere fieristico di Bologna. Circa tre anni dopo la presentazione del progetto, si avviarono i cantieri.
Il Centro Direzionale fu il primo agglomerato di grattacieli ad essere costruito in Italia e in Europa meridionale. Architetti di fama internazionale costruirono vari edifici: Renzo Piano disegnò il palazzo dell’Olivetti, Nicola Pagliara le Torri del Banco di Napoli e il Palazzo dell’Edilres, mentre Massimo Pica Ciamarra progettò le due Torri ENEL. Inoltre, l’architetto napoletano Corrado Beguinot progettò quello che sarebbe rimasto per quindici anni (dal 1995 al 2010) l’edificio più alto d’Italia: la Torre Telecom Italia.
Ispirato alle idee di Le Corbusier (le cui opere influenzarono fortemente i lavori dell’architetto giapponese) il Centro rappresenta un primo esempio positivo di separazione urbanistica tra traffico automobilistico (sotterraneo) e area pedonale (in superfice).
Chi era però l’uomo che ideò il progetto?
Kenzō Tange nacque ad Osaka, il 4 settembre del 1913. Trascorse l’infanzia in Cina, prima di far ritorno in Giappone completando il ciclo di studi nella città di Hiroshima. Fu proprio in questo periodo che avvenne l’incontro con Le Corbusier, maestro del Movimento Moderno e considerato uno dei padri dell’urbanistica contemporanea, i cui disegni lo spronarono ad intraprendere la carriera da architetto.
Durante la ricostruzione post-bellica del Giappone fu uno dei principali fautori del ripristino urbanistico delle aree distrutte dal secondo conflitto mondiale. Con la costruzione del Museo della Pace di Hiroshima, il suo nome assunse caratura internazionale. L’utilizzo del cemento armato a vista con l’intento di spogliare la struttura di ogni orpello per concentrare l’attenzione del visitatore sul contenuto sarà una costante in molti suoi lavori.
La capacità di creare uno stile che facesse da ponte tra l’architettura tradizionale giapponese e il mondo occidentale gli valse stima in tutto il mondo (lo testimoniano i suoi lavori in Italia, Francia, Stati Uniti, Singapore e Arabia Saudita). Stima che raggiunse il culmine nel 1987 quando divenne il primo architetto giapponese a ricevere il Premio Pritzker (il maggior riconoscimento a livello mondiale per l’architettura) grazie al progetto per le arene olimpiche di Tokyo. Fu uno dei primi a parlare della città come organismo vivente e, per questo, rappresenta per molti il fondatore del movimento “metabolismo”.
Considerato uno dei maggiori rappresentanti dell’architettura del Novecento, Kenzō Tange è riuscito a tracciare una linea invisibile, eppure reale, che collega l’urbanistica di Napoli a tutto il mondo.