La Bella Mbriana fa parte di quella folla infinita di “visioni” che occorrono al popolo napoletano per non sentirsi mai solo, anche quando nessuno bussa più alla tua porta
Una tenda velata, di pizzo antico, viene smossa dolcemente dal vento. Da un vicolo lontano giunge ovattato un grido di ragazzina. E un’anziana signora, che si era abboccata nell’ora lieve del dopo pranzo, scatta all’insù coi nervi della nuca: si è affacciata la Bella Mbriana. M’è venuta a salutare. Nun s’è scurdata ‘e me. Lei no. Non come tutti gli altri. Manco figlieme me fa cchiù ‘nu colp’ ‘e telefono. Vabbuò ca sta luntano. Ma lei non s’è scordata. “Bonasera, Bella Mbriana!”.
La Bella Mbriana e gli “altri”…
Lo ha scritto e cantato Pino Daniele. No, non nell’album dell’82 che porta il nome della Bella Mbriana, ma cinque anni prima, nell’album Terra mia, all’interno del brano Napule è: “Napule è ‘a voce d’ ‘e criature/che saglie chianu chiano/e tu ‘o ssaje ca nun sì sulo”. A me è sempre venuta in mente una stanzuccia con una piccolissima finestra che dà su un vicolo. Ma in alto: minimo al secondo, o anche al terzo piano. Ché le voci arrivano da un punto lontano. Sono dei ragazzini, giù: attraversano di corsa la straduccia stretta, quasi buttando per l’aria le seggiole delle vecchie “capere” che parlano di amori e di “corna”.
Si inseguono, i guagliuncielli, e si chiamano. E da che s’era fatto scuro nell’animo del vecchio, il quale da anni campa da solo in quel terzo piano, ecco che le voci argentine fanno schiarà juorno in mezzo a quei pensieri di morte. Nun sì sulo. Quei criaturielli non sanno nemmeno che esisti. Ma la loro voce sale per gli intonaci vecchi del vicolo, come acqua che fa il percorso contrario alle leggi della fisica. E qualcosa viene a bagnare il volto del vecchio, nel buio, ché lui ormai non accende più neanche la luce. E quel qualcosa si confonde con le lacrime, e lo salva. Perché a Napoli la solitudine è terribile.
Nella città della carnalità, dei vulcani attivi, delle strade stipate di gente, delle case stipate di figli, la solitudine uccide, è insopportabile. E allora meno male che, quando anche i guagliuni si sono stancati di pazziare, e tacciono, almeno ci sono tutti loro: la schiera immensa di “fantasmi”, visioni, miraggi, santi, idoli…
Tutti insieme, questi esseri misteriosi costituiscono la città “senza corpo” ma presente, il popolo delle anime beate e dannate – è lo stesso – che fanno compagnia a chi è senza nessuno, che “dividono il pane” delle nostalgie e dei rimorsi, facendo abbracciare le loro storie antiche con la storia esausta di chi non sa più neanche di avere una storia. La Bella Mbriana è uno di questi esseri fatati: uno di questi “compagni” che salvano la vita.
La leggenda della Bella Mbriana
È una storia meravigliosa ed avvincente, quella della Bella Mbriana, come quella del Munaciello. Il “mito” narra della figlia di un re di Napoli del passato, abbandonata all’altare poco prima di sposarsi con il principe che amava: un valoroso soldato del re.
In realtà, non è chiaro se si sia trattato di un “abbandono” oppure, poco prima delle nozze, la ragazza abbia saputo della morte del suo uomo in battaglia. Impavido, come sempre, fedele alla corona, pronto a dare la vita per il proprio re, questo giovane. Ma cosa poteva interessare, questo, ad una giovanissima principessa innamorata? A lei rimaneva solo il vuoto.
Da quel momento, pare che la bellissima giovane sia impazzita di dolore. Ella, secondo la leggenda, cominciò a vagabondare, indossando sempre il suo vestito da sposa, per tutta la città. Vie, vicoli, persino sui tetti. Ed ecco che una figura di vergine velata e inconsolabile ha cominciato ad “apparire”, all’intrasatta, nelle case dei napoletani, sconvolgendoli, ogni volta, come l’irrompere di un angelo dalle vesti trasparenti e la pelle eburnea.
La leggenda prosegue, spiegando come il re finì per arrendersi all’idea di non poter più condurre a casa sua figlia – nutrendosi ormai, la fanciulla, solo del proprio dolore e del proprio nervoso, infinito viva vai -. Però il buon sovrano (e buon padre) non mancava di ricompensare, sempre ed anonimamente, le famiglie napoletane che accoglievano la “sposina velata” nelle loro casucce, offrendole un po’ di riposo, forse del cibo, o comunque attenzione e calore.
Bastò questo – prosegue la leggenda – perchè si spargesse la voce della bontà di questa ragazzina vestita da sposa, che ogni volta che veniva accolta in una dimora, faceva in modo di riempire di doni coloro che l’avevano ospitata. In realtà, come è chiaro, era il re che, nascostamente, faceva giungere in quella casa ogni ben di dio.
Lo “stato ipnotico” della cuntrora
Una delle altre “tradizioni” riferentisi alla Bella Mbriana non “confuta” affatto, se così si può dire, il succo della legenda appena raccontata. Pare, infatti, che lo spirito inquieto e “velato” della ragazza si presenti, ai napoletani, da dietro le tende dei balconi, quando il sole penetra i veli e i pizzi di queste ultime, nell’ora più calda del giorno: l’ora in cui il capo comincia a “pesare” sul collo, e si scapuzzèa con la testa, su e giù tra la veglia e il sonno.
È in questi frangenti che, tra le tende chiare e scosse dal vento, pare di intravedere un “altro” velo: quello della vergine inquieta e vagabonda. Dopotutto, il termine “Mbriana” viene da mmiriana, in pratica “meridiana”, che si riferisce proprio all’ora del giorno in cui il sole è più alto nel cielo.
Un personaggio positivo del “pantheon” napoletano
A causa della faccenda dei “doni” del re, la Bella Mbriana, al contrario un po’ del Munaciello, è una “compagnia” assolutamente positiva. Ma anche con gli amici bisogna stare attenti…come è anche nella realtà, d’altronde! Quando la Mbriana si trova bene in una casa, la considera “sua”, un po’ come un rifugio per il suo eterno dolore. E allora… non sia mai sente parlare gli abitanti di quella casa, ad esempio, di un possibile “trasloco”! Vorrebbe dire che vogliono cambiare, e che probabilmente il motivo è la sua presenza che non è più gradita!
E allora apriti cielo! La rabbia e la vendetta della “vergine velata” sarebbero dietro l’angolo… E lo stesso se si discute anche solo di lavori da fare per aggiustare o rendere diverso l’appartamento. La Mbriana è permalosissima… Tant’è che esiste un “cupo” proverbio a Napoli, che esprime tale minaccia: Casa accunciata, morte apparicchiata.
La principessa e il “volto velato”
Chiudiamo con una suggestione che non può non “salire alla mente”, quando di fissano le migliaia di riproduzioni artigianali, peraltro bellissime, della Bella Mbriana. La figura della ragazza velata ha la caratteristica di avere il velo stesso, nelle interpretazioni di quasi tutti gli artigiani, non dietro i capelli, ma giusto sopra la faccia, a ricoprire interamente il viso della giovane. È quasi “inquietante” la somiglianza con il volto del Cristo Velato, l’opera straordinaria di Giuseppe Sanmartino, realizzata nel 1753 per il principe Raimondo di Sangro, e conservata nella Cappella Sansevero.
Forse qualche napoletano, recandosi per la prima volta nella meravigliosa cappella del principe Di Sangro, avrà sussultato, riconoscendo, nel Cristo morto e deposto della statua, il viso della giovane sposina abbandonata: un viso finalmente libero dall’angoscia, grazie al sonno della morte.