Castelnuovo, inondato da un sole ancora estivo, ha accolto lo scorso 2 ottobre tra le sue braccia di pietra la prima rievocazione storica del “Rinascimento napoletano”. Ai piedi della fortezza uno stormo di figuranti si è tramutato in un cordone di volti aragonesi, in splendido costume d’epoca, accompagnati da una schiera di cavalieri, in scintillanti armature.
L’evento, organizzato dal Comune di Napoli e dall’Associazione “La compagnia dell’aquila bianca”, nasce dalla volontà di svelare la storia napoletana della grande stagione medievale, guardando a quelle vette di raffinata civiltà del regno aragonese, cui lo stesso Castelnuovo deve il suo aspetto. La platea numerosissima ha assistito alla vestizione dei partecipanti. Il corteo si è poi mosso, lento e ordinato, nelle vie del centro, passando per il San Carlo, per Via Toledo, riscendendo Via Medina, fin nuovamente dentro il Castello.
Più di cento disposti secondo il proprio ruolo: nobiluomini e nobildonne, arcieri, sbandieratori, musici, cavalieri armati e cavalieri di rappresentanza, arricchiti dalla presenza di due cavalieri capodimontini della Polizia di Stato, a loro volta eredi della “Regal Cavallerizza” napoletana. Tra volti incantati di turisti e cittadini, una Napoli perfettamente disciplinata ha accolto la sfilata senza alcun contrattempo e senza alcun bisogno di transenne, con un’ammirazione che andava al di là del semplice senso dello spettacolo, divenendo riverenza per chi, col proprio lavoro, offriva l’opportunità di sentirsi nuovamente eredi di un civilissimo regno cosmopolita.
La sfilata è stata infatti opportunità di conoscenza e cultura vera, oltre ad essere un divertimento. La stessa formula della parata a cavallo è rievocazione delle insegne civiche, un cavallo rampante per l’appunto. Mentre la cavalcata era captatio, dichiarazione di fasto e di potere, di costume religioso e politico, necessità impellente da parte degli eredi al trono di affermare la continuità dinastica mostrandosi così in pubblico, lasciando le spoglie ancora calde del monarca spirato. E nel segno della squisitezza storica, lo spettacolo si è concluso nel cortile del Castelnuovo, dove il maestro cerimoniere dell’associazione ha rievocato gli stemmi degli antichi seggi napoletani, le sei principali unità amministrative della città, che ne hanno rappresentato l’anima e il corpo, associando ciascuna ad ogni cavaliere rappresentante.
Il “capitano in testa”, presa la parola, ha ricordato accoratamente il significato dei valori cavallereschi e la loro origine. Lo spettacolo è poi ripreso la mattina successiva all’Ippodromo di Agnano, con la vera e propria “giostra”, il torneo cavalleresco. La ricetta di uno spettacolo come questo sta appunto nella sua misurata spettacolarità. Sembrerebbe un paradosso eppure, in una cornice storica così già chiara come il Castelnuovo, non c’è certo bisogno di effetti speciali per fare un balzo nel tempo. Al contrario, un corteo fatto da professionisti dell’intrattenimento colto permette di portare direttamente la Storia sotto gli occhi della persone, aggirando un limite che troppo spesso nemmeno il più brillante saggio o il più accattivante film riescono a fare.
Lo si leggeva negli occhi del pubblico e in quelli della città stessa. Scegliere di passare per strade dove convivono “miseria e nobiltà” non è forse una casualità. Quanti ragazzini della Napoli più in affanno potranno aver beneficiato dello spettacolo, distraendosi dalle consuete abitudini? Quanti di loro porteranno dentro il fascino di qualcosa di bello, nobile, libero, donato loro per ricordare che la città nobile gli appartiene? Oggi come allora, un conto è subire un sermone ingessato, un altro è ammirare il discorso di un cavaliere in sella, audace, preciso, sincero, come solo una vera lezione di storia napoletana sa essere.