La guerra di Mario – Recensione

LA GUERRA DI MARIO
LA GUERRA DI MARIO

In ‘La guerra di Mario’ Mario è un bambino di nove anni originario di Portici che viene sottratto dalla famiglia dal Tribunale dei Minori e si ritrova a condividere la sua vita con due splendide persone: Sandro e Giulia, una coppia che proverà a restituirgli l’affetto perduto.

Regista del film ‘La guerra di Mario’ è Antonio Capuano, un artista molto particolare, un prodotto autentico della terra partenopea. Antonio Capuano è quel personaggio che compare nell’ultimo film di Sorrentino ‘È stata la mano di Dio’, nel quale incoraggia Fabietto a non disunirsi, a non andare via da Napoli, a fare cinema qui, proprio come ha fatto lui.

Antonio Capuano

Per spiegare meglio una figura complessa come quella di Capuano, è di fondamentale importanza analizzare il suo rapporto con Napoli, città nella quale ambienta tutti i suoi film. Capuano si definisce l’ultimo regista Dada, metafisico, sciocco, stupido e affascinato dalle storie e dalla sofferenza delle persone. L’ultimo regista libero, surreale, un pittore che usa la cinepresa per inquadrare Napoli. Città che divide lui e Sorrentino, dato che quest’ultimo ha deciso di andare via, mentre Capuano dichiara di essere rimasto perché profondamente innamorato di Napoli, come un uomo innamorato di una prostituta.

Napoli per Capuano è una prostituta, perché ha tutto: la bellezza, la sensualità e la testardaggine.

Mario, il protagonista

Legato profondamente alla sua città, non deve sorprenderci che Capuano prediliga come ambientazione Napoli. Nel film ‘La guerra di Mario’, il protagonista è un bambino, uno scugnizzo di strada che viene affidato a una famiglia dell’alta borghesia che lo ospita e prova ad amarlo. Ma la distanza che separa un bambino difficile come lui dai genitori adottivi Giulia e Sandro sembra essere abissale.

Il bambino, accudito dal loro amore e benessere, non si sente a proprio agio e rifiuta ogni manifestazione di affetto da parte di Giulia. ‘Giulia non è mia madre, Giulia non m’appartiene’ è la frase che ripete sempre in tutto il film quando gli viene chiesto per quale motivo non la chiami mamma. A Giulia non appartiene Mario e quest’ultimo non sente di meritare l’amore dei genitori adottivi, come l’istruzione o semplicemente degli amici.

Mario ha nove anni, ma sembra trovarsi già in piena adolescenza, perché i suoi brevi anni sono stati segnati dalla sofferenza provata quando la sua vera madre ospitava altri uomini a casa, lasciandolo dormire fuori la porta. Al contrario, Mario sembra trovarsi a proprio agio con tutto ciò che gli ricorda l’ambiente da cui proviene: una zingara che incontra sull’autostrada, un cane abbandonato che si ostina a tenere con sé e uno suo compagno di classe costretto ad andare a lavorare a soli nove anni.

Ecco, Mario si sente a suo agio con tutte quelle persone che sembrano non aver un posto nel mondo o che sentono di essere scarti della società, immeritevoli di qualsiasi supporto.

La finalità de ‘La guerra di Mario’

L’obiettivo di Capuano è quello di suscitare disagio, disturbare lo spettatore portando in scena l’inadeguatezza e la sofferenza di Mario. Ma è possibile che un bambino di nove anni, con mille opportunità avanti, possa mai sentirsi in questo modo? Capuano ci dimostra che può accadere, e ciò non accade solo a Mario, ma a molti bambini e ragazzi che nascono in un determinato ambiente e credono di essere immeritevoli di qualsiasi opportunità che possa offrire loro la vita.

Ed è questo che forse rende Antonio Capuano un regista così speciale, una persona così autentica. Non dimentica da dove proviene l’immondizia che lo circonda, ma cerca in continuazione di trasformare una squallida realtà in qualcosa di più, un qualcosa che possa segnare l’anima di chi si ritrova a imbattersi nei suoi film.

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