“Lo Cunto de li cunti” di Giambattista Basile è la prima raccolta di fiabe del mondo occidentale, e rappresenta una prodigiosa affermazione delle possibilità espressive della lingua napoletana. Pubblicato postumo tra il 1634 e il 1636, è costituito da cinquanta fiabe di origine popolare, raccontate nel corso di cinque giornate (da cui il titolo postumo di “Pentamerone”), inserite all’interno di una cornice narrativa più ampia, anch’essa fiabesca, che ricorda molto il più celebre “Decamerone” di Giovanni Boccaccio e le sue dieci giornate di novelle.
Con grande perizia stilistica e lessicale, e abbondanza di metafore e similitudini, giocando con la lingua e con le storie, ricorrendo al meraviglioso e al registro drammatico, al grottesco e all’erotico, Basile riesce a creare un capolavoro, definito da Benedetto Croce “il più bel libro italiano barocco”.
Poco noto al grande pubblico, “Lo Cunto de li cunti” è tornato al centro dell’interesse collettivo dopo il film di Matteo Garrone “Il racconto dei racconti”, e l’università “Federico II” ha deciso di proporre un percorso di conoscenza e approfondimento della raccolta attraverso cinque incontri dedicati ciascuno ad un racconto, accompagnati da letture dal vivo.
Mercoledì 10 febbraio, alle ore 16, Francesco Montuori, docente di Linguistica italiana dell’Ateneo, sarà protagonista della “terza iornata” di Basile, presso l’Aula Magna Piovani, Dipartimento di Studi Umanistici, in via Porta di Massa, 1, incontro inserito nella rassegna di F2 Cultura “La macchina degli incanti”.
E un incanto sembra infatti la lingua napoletana così come viene plasmata e ricreata dallo scrittore, che non si limita a raccogliere tra il popolo espressioni e giri di parole, ma inventa egli stesso. “Aggione semmentato speranze e mo recoglio caciocavalle!?”: da questo interrogativo parte la “terza iornata” di “cunti”, che il linguista Montuori analizzerà nelle pieghe più nascoste, servendosi anche della sua conoscenza approfondita della cultura napoletana antica e moderna.