Si parla spesso di Napoli meta turistica del Grand Tour settecentesco, come se prima mai nessuno l’avesse visitata. Nei secoli la città era meta di decine e decine di visitatori illustri, e già dal maturo Rinascimento fiorivano le guide di Napoli e dintorni, erudite e funzionali, dedicate ai viaggiatori che bazzicavano poco l’italiano, ma che volevano conoscere tutto ciò che c’era da sapere sull’allora ancora sconosciuto paradiso campano.
Nel Seicento il vero boom, con il capolavoro delle guide: le Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, del canonico del Duomo Carlo Celano. Fu un successo strepitoso. Diviso in dieci “giornate”, ovvero capitoli, ogni percorso partiva e finiva nello stesso punto, nei pressi dell’attuale Piazza Dante, e conduceva il forastiero passo dopo passo, secondo un preciso ordine stradale, attraverso monumenti sacri e profani, storie, leggende, devozione, aneddoti, gastronomia, arti, mestieri e paesaggio. Napoli in tasca e nel cuore praticamente.
E con un meraviglioso apparato di iscrizioni italiane, greche e latine, per chi volesse cimentarsi nei divertimenti colti. Peccato che appena dopo due anni l’autore morì e non poté godersi i frutti della vendita. Ci pensarono i furbi editori del Settecento, con diverse ristampe nel 1724, nel 1758 e nel 1792. Quello di quest’ultima, Salvatore Palermo, vi aggiunse anche un libro dedicato ai dintorni di Napoli, scritto di suo pugno, e vendendolo in lungo e in largo, sia a turisti occasionali che cultori bibliofili di un testo ormai diventato “un classico”, poté permettersi sul finire del secolo di chiudere bottega e campare di rendita, comprandosi una villa nell’allora villaggio dell’Arenella.
Arricchita da illustrazioni dei monumenti e paesaggi più cospicui della città, la guida fece impazzire soprattutto i francesi, e annotata come un must da Monsieur Laland, nel suo Voyage d’un français en Italie, alla metà del XVIII secolo. Ma qual era il segreto di tanto successo? La scelta linguistica, l’immedesimazione nelle esigenze del visitatore e soprattutto anni di studio, fatto non “copiando-incollando” da diversi autori, ma mettendo da una parte la bibliografia e dall’altra la ricerca, sia archeologica, sia d’archivio, sia, semplicemente, relazionandosi con i più noti intellettuali del tempo.
Non è un caso che il Celano tenesse a battesimo i figli di un Luca Giordano, e che questi lo ripagasse con un ritratto, finito, meritatamente, nelle prime pagine del libro. Ancora nell’Ottocento, la guida continuava ad essere amata, con una nuova edizione a cura di Giovanbattista Chiarini, e poi ancora lodata da Benedetto Croce, e con un’altra ristampa del grande Gino Doria negli anni ’70. E non è ancora finita. Ma si sa che il classico è eterno perché è sempre attuale.