“Il romanziere Stendhal ha scritto che in Europa ci sono due capitali, Parigi e Napoli. Solo un artista ottocentesco ha forgiato una carriera in entrambe: Vincenzo Gemito, ‘O scultore pazzo”. Comincia così il testo di Jackie Wullschlager sul Financial Times del 1 settembre 2020 dal titolo Gemito: obscure and exquisite (Gemito: oscuro e squisito) in cui ripercorre la carriera e le opere dell’artista napoletano, viste nell’esposizione di Parigi al Petit Palais nell’autunno 2019. L’enorme successo riscosso a Parigi, ha restituito alla sua legittima fama internazionale il grande artista di fine Ottocento e alla sua incomparabile abilità nel captare le anime, una delle maggiori sfide del ritratto, che va ben al di là della somiglianza.
Il Financial Times annuncia la mostra di prossima apertura a Napoli al Museo e Real Bosco di Capodimonte: Gemito. Dalla scultura al disegno (10 settembre – 15 novembre 2020) a cura di Jean-Loup Champion, Maria Tamajo Contarini e Carmine Romano. L’esposizione a Napoli si concentrerà più sui due grandi amori della sua vita che sono stati anche le sue muse: la francese Mathilde Duffaud e la napoletana Anna Cutolo.
Gemito. Dalla scultura al disegno
La mostra Gemito è un progetto di Sylvain Bellenger, direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte e di Christophe Leribault, direttore del Petit Palais di Parigi, dove si è svolta la prima esposizione dal titolo Gemito. Le sculpteur de l’âme napolitaine (dal 15 ottobre 2019 al 26 gennaio 2020). L’enorme successo riscosso a Parigi, ha restituito alla sua legittima fama internazionale il grande artista di fine dell’Ottocento e alla sua incomparabile abilità nel captare le anime, una delle maggiori sfide del ritratto, che va ben al di là della somiglianza. La seconda esposizione a Napoli, nella città natale dell’artista, dal titolo Gemito. Dalla scultura al disegno (10 settembre-15 novembre 2020), a cura di Jean-Loup Champion, Maria Tamajo Contarini e Carmine Romano, invece, si concentrerà più sui due grandi amori della sua vita che sono stati anche le sue muse: la francese Mathilde Duffaud e la napoletana Anna Cutolo.
Gemito, da Parigi a Napoli
“Gemito, poco noto in Francia – afferma il direttore Bellenger – a Napoli assume le dimensioni di un mito, di una grande figura della leggenda, non nera e ossessiva come quella di Caravaggio, ma tenera, a cui i napoletani si sono affezionati. Un sentimento che nasce dall’ammirazione e dall’indulgenza verso il figliol prodigo, il ragazzo di strada. Gemito fu uno scugnizzo, il Gavroche dei francesi”.
“Gemito sculpteur de l’âme napolitaine” è stata la prima mostra dedicata a Gemito fuori dall’Italia dopo la morte dell’artista, il che può apparire sorprendente trattandosi di un uomo che aveva trovato la gloria proprio a Parigi, durante l’Esposizione universale del 1878, e che aveva stretto amicizia con i grandi artisti del tempo: Meissonnier ma anche Rodin.
“Con la mostra al Petit Palais, Gemito non ha cambiato volto, ma la sua figura è cresciuta, incontrando un’altra leggenda – continua Bellenger – La sua “nicchia” di scultore pittoresco e realista si è allargata, a beneficio non solo di una migliore comprensione della sua strategia artistica ma anche di una leggenda che, uscita dalle sue frontiere, ha spezzato il suo isolamento e ha assunto una forma più universale: quella dell’artista maledetto. La miseria, la gloria e la follia, tutti gli ingredienti che la nostra modernità è solita associare all’arte, sono in effetti riuniti in Gemito, che è entrato così nell’universo dei Camille Claudel, dei Van Gogh, degli Antonin Artaud, dei folli devastati o, al contrario, elevati dalla loro follia. Questa leggenda, a sua volta, non è certamente priva di conseguenze per il talento di un artista, ma ci ha permesso di rivalutare l’ultimo periodo della sua produzione, i suoi ultimi vent’anni di vita, in cui il disegno diventa scultura”.
La mostra che si apre a Capodimonte, “Gemito dalla scultura al disegno”, ha l’ambizione di riassumere le rivelazioni di quella parigina, organizzandole però diversamente intorno ai suoi esordi, ai busti, alla gloria, agli amori (la francese Mathilde e la napoletana Anna), alla follia e alle ultime opere.