Nicola Piovani porta all’Auditorium di Roma “Parco della Musica” la particolarità di un concerto narrato, di un ensemble di strumenti che fa interagire in una danza circolare parole e musica, musica e parole. A maggio 2021 lo spettacolo, interessante anche per le nostre riflessioni, ha tenuto a battesimo la riapertura del Trianon di Napoli, dopo mesi di chiusura e nell’ambito di una interessante riqualificazione urbana ben avviata. In questi primi giorni del nuovo anno, il nostro auspicio prende vita guardando infatti al suono che diviene bellezza ogni volta in modo diverso attraverso il linguaggio dell’arte e della cultura.
Musica e società sono strettamente legate sia alla fruizione sia alla naturale partecipazione del pubblico e dei singoli attraverso i canali della comunicazione, della rinascita, dell’evoluzione del pensiero, della rivoluzione gentile ma incisiva basata sull’impegno di tanti. E proprio la musica si ritrova come costante nell’universale mitologia greca: dal dio Apollo alle Muse, passando per le Sirene e per l’ incanto promanato grazie al canto, soave o terribile che sia stato. Quel canto legato alla dimensione divina ma anche magica che rende le Sirene esseri divini. E dunque Parthenope stessa, Sirena ma anche principessa, donna e dea, da cui siamo partiti e che abbiamo inteso approfondire in questo excursus teso a narrare di come il mito, cuore nevralgico delle memorie classiche, sia, non tanto implicitamente, celato nelle maglie del tessuto connettivale che raccorda le espressioni di civiltà e delle storie effettive, della dimensione metafisica o meglio verticale per la sua spiritualità, qualunque appartenenza possa avere, che spesso viene percepita come la sola rassicurante rispetto a quella orizzontale che resta invece affidata alla possibilità, mera e precaria possibilità, della relazione reciproca tra le persone. E dunque i processi di metamorfosi che accompagnano le successioni temporali nell’ambito dei mutamenti sociali ci fanno ritrovare quel fil rouge che ad ogni livello può costituire chiave d’approccio alla conoscenza. La mitologia come disamina di conoscenza e come opportunità di spiegazione del linguaggio delle sonorità di cui ci siamo occupati finora. Lo studioso Marius Schneider nel libro La musica primitiva afferma proprio questo concetto “Gli dei sono canti” ossia ritmo e melodia perché l’origine è una vibrazione sonora. Ancora, lo studioso ungherese Karoly Kerenyi individua corrispondenze tra mito e forma musicale: un ponte tra mondo interiore ed esteriore, tra lo stato di natura e l’evoluzione che discende dalla cultura, tra la realtà della ragione e quella dell’esperienza sensibile. Sia il mito sia la musica squarciano il velo del tempo: conoscere i miti, ascoltare la musica fanno accedere all’ immortalità come pone in rilievo l’antropologo Claude Lévi-Strauss. E musica deriva proprio dal greco mousiké che indica l’ arte delle muse e la sua pertinenza con la deità. Anche i Dialoghi di Platone affidano alla musica una valenza educativa in quanto arte legata all’armonia dell’universo, con evidenti reminiscenze rispetto alle posizioni di Pitagora, quel Pitagora che si è occupato di musica non solo di matematica.
Ricordiamo il pensiero di Platone nella Repubblica : “Chi possiede una sufficiente educazione musicale può accorgersi con grande acutezza di ciò che è brutto o imperfetto nelle opere d’ arte o in natura, mentre sa approvare e accogliere con gioia nel suo animo ciò che è bello, e nutrirsene e diventare un uomo onesto”.
E dunque Piovani, oggi ci riconnette al trascendentale. Riudiamo il paradigma che ha accompagnato in fondo una millenaria cultura “La musica è pericolosa”, come disse una volta Federico Fellini al Maestro Nicola Piovani: pericolosa in quanto veicolo di bellezza che resta nell’area dell’indicibile e dello straniamento. E Piovani, che sceglie questo assioma come titolo per il suo concerto narrato, canta anche dei tempi antichi, del potere del canto delle Sirene con il brano Partenope…! E’ interessante che il Maestro riprenda con una inaugurazione partenopea la versione del mito secondo la quale le Sirene vengono sconfitte da Orfeo e per questo si suicidano: prima Apollonio Rodio narra di questa esperienza con tali creature nel III a.C. nelle Argonautiche, poi nelle Argonautiche Orfiche, poema anonimo composto non oltre il IV sec. d.C., lo stesso Orfeo rende noto il passaggio lirico del suicidio. E dunque chi erano le Sirene? Chi era Partenope? Una creatura dal dono divino, il canto, da sempre associato al cielo.
Il suo canto irresistibile è simile a un grido, diverso da un altro canto, quello di Orfeo, il poeta, la cui voce evoca e ricrea armonia, accompagnata dalle dolci corde della lira. La poesia lirica è filiazione del canto e delle corde di Orfeo, l’archetipo stesso della poesia. La voce di Orfeo, mitico progenitore di tutti i poeti, non induce alla perdizione di sé, ma riconcilia. La poesia lirica, quella poesia che aveva cantato, mettendo in atto secondo la nostra lettura anche un’opera sapiente di riconciliazione tra Orfeo stesso e la Sirena Parthenope, riconciliazione pure di genere rispetto al prevalere di Orfeo ma anche di Ulisse che aveva udito il canto divino ma senza subirne gli effetti, e attraverso la voce di tanti poeti eccelsi, nel tempo che fu, proprio Parthenope!