“La paranza dei bambini” – La recensione

Tra le vie di Rione Sanità si consuma il dramma di un ragazzino di nome Nicola, vittima della sua famiglia, delle sue tradizione e della sua città. Ma la storia di Nicola non è solo la sua. Questa è la storia della paranza dei bambini.

“E ti pare che mi metto paura di un bambino come te? Io per diventare bambino c’ho messo dieci anni, per spararti in faccia ci metto un secondo.” 

‘La paranza dei bambini’ è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo scritto da Roberto Saviano, diretto da Claudio Giovannesi. È un film che esce nelle sale cinematografiche nel 2019, porta alla luce in maniera realistica i problemi di una Napoli contemporanea, offrendoci una visione cruda e razionale di cosa accade nelle vie di questa città. Non si tratta di un semplice film che parla di mafia e dei traffici tra i boss del quartiere, ma di un film che mette in luce un aspetto nuovo, come ci suggerisce stesso il titolo, i bambini sono protagonisti di una storia che non ammette finali alternativi, nella quale è difficile trovare una strada perché l’unica ammissibile è quella della camorra, quella dei soldi facili. Questa è la storia di Nicola Fiorillo, un adolescente di tredici anni che vive nel quartiere di Rione Sanità in compagnia della madre e del fratello minore. La sua adolescenza viene inevitabilmente condizionata dal luogo in cui nasce, trascorre le giornate andando in giro con gli amici e con la fidanzata, ammazza il tempo cercando di trovare qualche lavoretto da sbrigare per il boss Don Lino, temuto da tutti gli altri a causa del pizzo imposto a danno dei commercianti.

Le intenzioni del ragazzo sono quelle di garantire alla madre e al fratello una condizione di vita migliore. Ma un bel giorno il boss del quartiere viene sbattuto in galera e il ragazzo approfitta della sua assenza per poter imporre la sua autorità. Per raggiungere tale scopo decide di accattivarsi le amicizie dei fratelli Striano, due ragazzi appartenenti a un vecchio clan. Nicola in compagnia di questi ragazzi riesce a guadagnarsi una posizione di rispetto grazie anche alle armi fornitegli da Don Vittorio. Ma proprio quando Nicola crede di essere finalmente rispettato, temuto e invincibile, la sua vita sarà per sempre spezzata da un evento drammatico: la morte di suo fratello avvenuta nei Quartieri Spagnoli a opera di un altro criminale.

È un film potente che ci colpisce fin dall’inizio, con uno svolgimento che potremmo definire inebriante e piccante ma con un finale drammaticamente triste. Ecco, che la sensazione di potere che Nicola inizialmente prova gli viene strappata via da un colpo di pistola, il proiettile colpisce una delle poche persone a cui tiene. Sembra di essere in una storia irrazionale e spietata, priva di scenari alternativi e di un futuro tracciato dalla nascita. L’ingresso in questa vita avviene in maniera naturale, senza permessi o richieste perché come ho già detto, la via in questi casi è solo una, ed è una via che ha il gusto della disperazione, delle pistole e del sangue versato.

Questo film non ha voluto un finale alternativo per questo giovane ragazzo, è mera riproduzione di ciò che accade in alcuni quartieri di Napoli. Il regista non vuole idealizzare o romanzare, ma vuole denunciare e documentare una realtà ancora troppo spesso ignorata dallo stato e dalle istituzioni educative che sembrano ormai aver mollato la presa con i giovani che vivono questa realtà. Claudio Giovannesi porta al centro del film il dramma della solitudine di bambini che giocano a fare i grandi con le pistole, coinvolti dentro a una storia di cui non hanno chiesto di essere i protagonisti.

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