La regia di Pino Carbone e la “sua” Assunta Spina

assunta spina
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In un clima surreale, sospeso tra finzione e realtà si staglia, altero, l’ allestimento scenico; a tratti metafisico, capace di trascendere spazio e tempo, vita e morte. Una Assunta Spina denudata, (s)passionale e intrisa di nuovi contenuti quella proposta da Pino Carbone. Nove attori per quattordici personaggi interpreti del celebre dramma di Salvatore Di Giacomo. La storia, nota a tutti, narra di una popolana donna, procace e sensuale, dalla personalità complessa e dal temperamento ribelle, capace di amare anche oltre la sua stessa dignità.

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Sfregiata da un violento atto di gelosia compiuto dal suo amante, tenterà invano di salvarlo sino a compromettere la sua stessa libertà. Donna Assunta, ben interpretata da Chiara Baffi, è una figura trasversalmente universale capace d’essere forte e risoluta sebbene poi schiava e vittima del suo stesso spudorato amore. Soggiacerà al proprio destino, liberamente scelto, con dolore sino alla fine quando, dinnanzi a tutti si dichiara colpevole di un reato che non ha commesso. Ma lei, come tutti, in fondo, è colpevole, di altro, di tutto il resto. E’ su questo che punta il Carbone, estendendo quella vena passionale e violenta a tutti, anche agli altri; a coloro che giudicano, certo, ma che sono anch’essi giudicati.

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Così la Baffi si denuda lentamente, stemperando la sua passionalità nella coralità dello spettacolo al punto da confondere, a tratti, se stessa con gli altri; anime pre-destinate che, come in un girone dantesco, vagano alla ricerca della propria verità. Tutti in vetrina, esposti, sotto accusa e senza alcun privato, così, la scatola di vetro, prima tribunale e poi stireria/casa diviene il luogo-non luogo di una dimensione senza tempo. La scena cosparsa di fiori pone l’accento su di una bellezza sottesa di brutalità, una bellezza che i personaggi attraversano, calpestandola, speranzosi di conservarne l’afflato.

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Ma, in una recitazione a tratti sopra le righe, sottolineata da ripetute urla di dolore, sorprendono alcune curiose digressioni che finiscono per sottrarre lo spettatore a quel naturale gioco di identificazione emotiva con la storia dei personaggi; ne è evidente prova la scena dell’uccisione di Federico Funelli, amante di Donna Assunta, che si rappresenta nella sua stessa finzione scenica recitando la propria morte a più riprese.

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Peccato, poiché sebbene sia da riconoscere all’intera messa in scena un’indiscutibile intelligente rilettura questa “trovata”, sul finale, compromette definitivamente l’intero pathos drammaturgico. Intanto, brave Anna Carla Broegg, Valentina Curatoli, Francesca Muoio, Rita Russo nel ruolo delle stiratrici, di grande impatto emotivo il ruolo di Donna Emilia molto ben interpretato da Alessandra Borgia capace di riconfermare nuovamente il proprio spessore artistico e la sua nota versatilità di attrice.

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