La rinnovata Parthenope nei rivoli della religiosità e nelle donne dee della Napoli dalla coscienza cosmica

Fonte: Napoli Turistica

Per ritrovare Parthenope, rinnovata ma sempre fedele al suo profilo di fanciulla eletta a vigilare su tutti i giorni di Napoli, ricordiamo l’ultimo romanzo dello scrittore Sebastiano Vassalli. L’autore de La Chimera, espressione che rimanda alla nota poesia di Dino Campana – poeta su cui ho sviluppato la mia tesi di laurea – lega, e lo fa proprio attraverso un titolo cosi incisivo, il suo ultimo romanzo alla figura di Parthenope che ri-vive anche grazie alle dimensioni cosi particolari di quel sincretismo che abbiamo già toccato e che ci accompagna attraverso le espressioni religiose partenopee di più tempi. Io, Partenope, variamente accolto dalla critica per la riproposizione di concetti affatto nuovi, segna un passaggio altro rispetto al romanzo prima citato, La Chimera, vincitore sia del Premio Strega sia del Premio Napoli e finalista al Premio Campiello. 

Il romanzo, pubblicato postumo, esalta la femminilità, esaltazione resa ancora più forte dall’uso della prima persona: suor Giulia, appellata suor Partenope, racconta all’autore e ai lettori la sua storia intrisa dell’anima eclettica di una città in cui cattolicesimo e paganesimo sono radicati allo stesso modo nella quotidianità della collettività.

Giulia Di Marco è realmente esistita e la sua comunità di preghiera, che suscitò le ire e le persecuzioni del Sant’Uffizio, fu attiva fino ai primi anni del 1600 in vico dei Mandisi (oggi Mannesi) a Napoli; nel 1610 Partenope, nelle sembianze di Giulia, venne incarcerata per pratiche di stregoneria e di abiura. Anche questo exursus, come d’altra parte quello per Arthemisia e per Martia con cui abbiamo già idealmente riabbracciato queste donne simbolo di forza e di eroismo, travalica il tempo e lo spazio. Per l’autore, Suor Partenope è chiaro simbolo di quella modernità che come nuova forma di vita e di pensiero costituiva una minaccia per l’assetto del tempo disorientando fino a destabilizzare una forma di potere non tollerante e pertanto non accogliente. Modalità che si reitera in qualsivoglia contesto sociale, prevalentemente pubblico, nel nostro sistema di gestione dei servizi e delle opportunità destinate alla tutela dei diritti come, a titolo esemplificativo, quello all’istruzione e alla formazione: mutazione e interazione tra forme e modelli possono essere i principi cui far riferimento per la tutela di tanti beni e percorsi di ogni tipo che diversamente rischiano di andar persi. Intanto nelle varie vicissitudini della vita della vera Giulia fu don Alfonso Suarez, vicario del Regno, e suo protettore, ad associare sempre più, fino al concepimento di un’intima assimilazione, la stessa Giulia al mito di Parthenope ritenendola la reincarnazione cristiana di quella Sirena in cui rivivevano tutte le donne di Napoli e che su Napoli operavano e operano. Così tanto poveri quanto aristocratici cominciarono a chiamare Giulia “ Suor Partenope”: dopo la distruzione di Partenope città, divenuta intanto Palepoli,  la rinascita si concretizza grazie a Neapolis risorta dalle ceneri di Partenope proprio come Suor Partenope, al pari di una Giovanna d’Arco napoletana, diviene opportunità di rinascita grazie ad un autentico dialogo con il divino. 

Anche un’altra vicenda ci consente di seguire i vari stadi della vita di Parthenope, quella di Santa Patrizia, emblema della cultura barocca partenopea. Sia Parthenope sia Patrizia sono nobili vergini giunte da Oriente, pronte a consegnare la vita terrena alle coste della città di Napoli: toccano gli stessi punti della città secondo due percorsi sovrapponibili e segnati da spirituale impronta divina. Patrizia era infatti discendente dell’imperatore Costantino. Nel corso del suo funerale, il suo corpo, disteso su un carro trainato da una coppia di tori non ancora impiegati nei lavori nei campi, giunse, per moto spontaneo degli animali, proprio al sepolcro della Sirena Parthenope. E quel funerale si ricollega al culto misterico mitraico, già presente nella città come indica il ritrovamento del mitreo sotto le rovine del Carminiello ai Mannesi in via Duomo ossia proprio l’area di azione di Giulia reincarnazione di Parthenope. Il suo “ funus” si può interpretare come una traslazione sincretica della religione dei guerrieri romani che vigilavano i confini dell’impero, un carro in movimento con un defunto, che si ricollega al culto di iside che accompagna lo sposo Osiride. E la vergine Patrizia, rinnovata Parthenope, dai pressi della chiesa a lei dedicata, quella di San Gregorio Armeno nota appunto come chiesa di Santa Patrizia, veglia su un piccolo bassorilievo che rivela il culto di Demetra; una canefora risalente all’incirca al VII sec. a. C. e legato ai Misteri Eleusini, fondati sul mito di Demetra e di sua figlia Persefone/Proserpina madre di Parthenope e sulla simbologia della vita e della morte: la sacerdotessa reca in mano una fiaccola ardente.… ci ricorda qualcosa? E per tornare al mito da cui siamo partiti… le ancelle di Persefone, non avendo protetto la fanciulla da Ade, vennero trasformate, secondo una versione, in sirene metà donne e meta uccello ma si ribellarono alla Dea stabilendosi nel mare dando origine alla leggenda della Sirena Parthenope!

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