MAURIZIO MASCIOPINTO E IL SUO LIBRO “PORTATI ’O PIGIAMA” SUL VISSUTO DEI POLIZIOTTI-OPERAI.
L’incontro con il dottor Maurizio Masciopinto, autore del libro “Portati ’o pigiama”, edito da Rogiosi, è fonte di grande arricchimento; intanto perché si ha la fortuna di dialogare con un autorevole alto funzionario della Polizia e poi per l’umanità che traspare attraverso le sue parole.
Maurizio Masciopinto entra in Polizia nel 1983 quando vince il concorso per Ispettore, successivamente diventa Commissario.
Il vero punto di svolta della sua vita, sia da un punto di vista professionale che umano, è l’incontro con Antonio Manganelli il quale, divenuto Capo della Polizia, lo vuole al suo fianco come Portavoce e Responsabile della Comunicazione, ruolo che ha ricoperto fino all’anno scorso. Il legame che si venne a creare tra i due, basato com’è ovvio sulla reciproca stima, diventa sempre più stretto. “Un maestro nella professione e nella vita”, così Masciopinto definisce Manganelli.
Ricorda perfettamente il suo modo di trasmettere gli insegnamenti: poche linee guida da rispettare sempre; poche, ma talmente importanti e significative che lui le paragona alle tavole di Mosè. Per esempio, il Capo della Polizia gli diceva spesso: “Ricordati che noi siamo qui (a Roma, negli uffici, ndr) perché ci sono migliaia di poliziotti in tutte le zone d’Italia, nelle città, nelle periferie, che con il loro lavoro ce lo permettono”, intendendo quindi che non si dovevano ritenere i poliziotti al servizio del Dipartimento, ma esattamente il contrario; oppure gli diceva che “L’importante è non prendersi mai troppo sul serio: c’è gente che si innamora di quello che è e alla fine si crede più di quanto non sia realmente”. L’umanità di Manganelli, qualità tanto amata da Masciopinto, fu riconosciuta anche da Ronald Noble (Capo dell’Interpol) il quale durante una cena a Lione a cui era presente anche l’autore, parlando del Capo della Polizia, si portò una mano al petto e affermò: “Antonio grande cuore”; ne fu felice Masciopinto “perché” dice, “se un uomo come Noble, che per la sua posizione è a conoscenza delle segrete cose del mondo”, riconobbe l’umanità di Manganelli vuol dire che egli era veramente una persona eccezionale.
Allora dottor Masciopinto, il libro è dedicato ad Antonio Manganelli?
È dedicato certamente ad Antonio Manganelli, ma è dedicato anche a tutti quei poliziotti-operai che ogni giorno, quando escono sulle volanti per il loro turno di lavoro, mettono in conto che, al verificarsi di una situazione pericolosa, devono essere pronti a dare la loro vita per salvare quella di un cittadino; sono loro che con il loro operato garantiscono la sicurezza nella quotidianità della gente comune. Lo stesso Presidente Giorgio Napolitano, intervenendo lo scorso maggio alla Festa della Polizia ha affermato tra l’altro: “Nulla può mettere in discussione l’Istituzione Polizia che è fatta di uomini e di donne che tutti i giorni fanno il loro dovere”. E ciò lo dimostrano i 160 anni di Storia del Corpo che, non dimentichiamolo, garantisce sicurezza e democrazia.
Com’è nata l’idea di scrivere “Portati ’o pigiama” e da dove nasce il titolo?
Durante gli anni in cui sono stato Ispettore e poi Commissario a Napoli, e ci tengo a dire che mi ritengo fortunato per aver lavorato nella mia città, durante quegli anni dunque, avendo assistito a delle situazioni che, come quasi tutte le cose napoletane, univano la comicità alla tragedia senza stabilire un confine netto, ho avuto l’opportunità di memorizzare storie divertenti e di grande umanità. Si tratta di episodi avvenuti durante gli arresti, le perquisizioni, gli interrogatori. Essi erano tutti archiviati nella mia mente in maniera indelebile e decisi che un giorno ne avrei ricavato un libro. Il tutto si è concretizzato grazie all’incontro con l’editore, il dottor Rosario Bianco.
Per quanto riguarda il titolo, esso è preso dal titolo di uno dei racconti che compongono la raccolta. Nasce da ciò: quando si doveva procedere all’arresto di una persona che non fosse un delinquente abituale e, comunque, colpevole di un reato minore, io, capendone il disagio, piuttosto che dirgli subito che sarebbe stato accompagnato in prigione, gli dicevo “Portati ’o pigiama”, facendogli quindi comprendere che per alcuni giorni non avrebbe potuto avere contatti con nessuno. Era un atto di umanità anche questo.
Lei attualmente si occupa di molte cose e tutte interessanti, ma quale è l’attività che sente più vicina al suo pensiero?
Mi occupo anche della comunicazione del mio Sindacato, il SIULP. Ciò perché ritengo sia necessario essere sempre accanto ai lavoratori, d’altra parte nel corso degli anni non ho mai perso la relazione col mondo del sindacato. In questo periodo, di tanto in tanto, sento parlare di abolizione del sindacato, ciò è impensabile: non si può mai immaginare di togliere la voce a qualcuno, al massimo si può immaginare di ridisegnarne il ruolo. Non dimentichiamo che i sindacati hanno difeso, in Italia e nel mondo, lavoratori sfruttati e, a volte, trattati come schiavi.
“Maurizietto, siamo una squadra” è una delle frasi che le rivolgeva Manganelli e che lei ama particolarmente. Come ci può spiegare il vero significato di “essere una squadra”?
Immaginiamo che una sera una volante della Polizia si trovi in una situazione di particolare pericolosità e pensi di chiedere rinforzi. Se nel frattempo arriva un’auto dei Carabinieri, tra gli uomini delle due formazioni si crea immediatamente lo spirito di squadra perché sanno perfettamente riconoscere il nemico comune. Che poi è il nemico del cittadino e della collettività.
Come giustamente mi ha insegnato Manganelli, lo spirito di squadra è una filosofia di vita.