Tutti vi abbiamo giocato, da ragazzini o da adulti. “Facciamo una partita a carte?” è l’esclamazione decisiva, la “trovata” per riuscire ad ammazzare con le carte napoletane quel tempo che si è fatto lento e pesante.
Le carte napoletane. Basta sbirciare, camminando in città. In un circolo del Calcio Napoli, quando non c’è la partita, e i soci le preferiscono alla stecca di un biliardo. In un bar, lì nella saletta più interna, dove qualche avventore non ha voglia di tornare a casa e prova a prolungare la serata. Ma anche in un vicolo, accanto all’entrata di un basso, nelle sere afose d’estate. E si vedranno i pezzetti di carta colorati magnetizzare gli sguardi dei napoletani. Tanto bastano un tavolino e delle sedie perché due o quattro persone possano calarsi in quel mondo di sfide, sguardi d’intesa, esultanze e bestemmie. Tutti i napoletani sanno di cosa si sta parlando quando si nominano “le carte”. In realtà basta fare un po’ d’attenzione a questi rettangolini disegnati, per leggervi frammenti della storia e della vita quotidiana di un popolo.
“Fotografie” di personaggi familiari o significati misterici?
I napoletani ebbero per secoli un re – o un viceré – ma vedevano spesso anche sfilare cavalieri di pompose delegazioni straniere. Ad esempio nel 1778, quando via Toledo fu animata da una “sfilata” di fanti e cavalieri orientali, in occasione di accordi economici tra i Borbone e l’Impero Ottomano. Chissà quanti napoletani, quel giorno, osservarono la sfilata. Forse parve ad essi che il “nove” di denari prendesse vita, col suo inconfondibile turbante. Ma le immagini e il gioco delle carte erano più antichi di vari secoli. Sono state fatte le più svariate ipotesi di fronte a disegni e simboli entrati così potentemente nel quotidiano di un popolo. C’è chi ha ipotizzato origini cinesi, quando Napoli era ancora una città ducale (X secolo circa). Ma anche chi ha parlato di connessioni con l’esoterismo egizio. In realtà pare che le carte abbiano a che fare più col quotidiano che con l’invisibile.
Tra le dita re, cavalieri e oggetti di strada
Pare che le carte “napoletane” siano nate, in realtà, in Spagna, a Barcellona, intorno al 1377. Il primo indizio documentabile ci porta, però, al 1577, quando il governo vicereale impose una tassa di un carlino per ogni paio di “carte da gioco”. Ogni anno, all’epoca, soltanto a Napoli venivano vendute circa 42.000 carte. Evidentemente i napoletani erano già abbastanza “dipendenti” da questo gioco, tanto da far escogitare addirittura una tassa sulla “materia prima” di esso. Probabilmente uno dei fattori di divertimento legati a questi cartoncini colorati era proprio la connessione dei disegni con persone ed oggetti reali della vita del popolo. Tra le mani poteva capitare il re dal volto più simile al vero sovrano…e chissà quante occasioni di scherzi e di battute pungenti! Ma si potevano stringere tra due dita anche artistiche coppe di vino buono, o una spada che non si possedeva, o soprattutto dei bei denari sonanti…